"Il cristiano è un uomo, una donna che canta". Predicazione del pastore valdese Paolo Ricca a Santa Maria in Trastevere

Lc 2, 10-14; Ef 5, 18- 20

Mercoledì 18 dicembre il pastore valdese Paolo Ricca è tornato a predicare nella preghiera serale di Sant'Egidio nella basilica di Santa Maria in Trastevere. Riportiamo il testo della sua omelia

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Lc.2, 10 -14
Ef. 5,18b-20

Cari fratelli e sorelle, una delle caratteristiche principali del racconto di Natale secondo l'evangelista Luca è che è pieno di canti. C'è il Cantico di Maria, il famoso Magnificat, che conosciamo quasi a memoria, c’é il Cantico di Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, c'è il Cantico degli Angeli nella notte di Natale che accompagnano la nascita di Gesù e che la annunciano al mondo e c'è infine il Cantico del vecchio Simeone, che tenendo il bambino in braccio dice di poter morire in pace a questo punto perché "gli occhi miei hanno veduto la tua salvezza" (Lc 2, 30). Tanti canti uno dopo l'altro. Se poi andate a leggere l'Apocalisse, che è nel Nuovo Testamento il libro che riflette di più quella che era la liturgia, il culto dei primissimi cristiani, se andate lì a leggere l'Apocalisse, troverete anche lì canti in abbondanza. Il cristiano è un uomo che canta, la cristiana è una donna che canta.

Anche Paolo, come avete sentito, il più grande apostolo cristiano di tutti i tempi, insiste su questo punto dice: cantate, cantate, salmi, inni, canti spirituali, cantate, e salmeggiate al Signore con tutto il cuore. Il grande filosofo greco Platone diceva che l’amore rende tutti poeti. Noi possiamo dire che l'amore di Dio rende tutti cantanti. Cantare non è solo un compito, è di più. E’ un bisogno profondo, una necessità del cuore: non mi basta più parlare come cristiano, certo parlo anche, ma non mi basta più, ad un certo punto devo cantare. Perché devo cantare? Non lo so, non lo so, ma non posso farne a meno. C’è un eccesso, una sovrabbondanza di gioia o anche di dolore, che mi impone il canto, mi obbliga a cantare.

Le parole del canto sono le stesse che quelle del discorso, non c'è un altro vocabolario per il canto rispetto a qualunque discorso che si tiene, ma non è la stessa cosa, una parola cantata non è come una parola parlata. Che differenza c'è? C’è la stessa differenza che c’è tra la prosa e la poesia. La parola cantata sta alla parola parlata, come la poesia alla prosa. Le parole sono le stesse. Non c'è un altro vocabolario, però c’è una differenza.

La prosa dice soltanto quello che le parole dicono, la poesia invece dice quello che le parole non dicono, o meglio, dice di più di quello che le parole dicono. Cioè il poeta è colui che sa organizzare le parole del discorso in maniera tale che queste parole dicono di più. Così il canto, parola cantata, dice di più della parlata. E se poi questa parola cantata viene anche musicata, cioè se c'è anche la musica che accompagna il canto, allora dice ancora di più. E questo è un miracolo assoluto, che il  canto abbia il potere di fare crescere la qualità, la capacità espressiva delle parole, e che la musica abbia il potere di accrescere il valore espressivo, la forza comunicativa della parola cantata. Quindi ci troviamo in presenza di un doppio miracolo. Che la parola cantata dilata miracolosamente il significato della parola parlata e che la musica dilata ancora di più la parola cantata. E’ una crescita di valore impressionante appunto quello che accade.

Vi voglio fare un esempio: prendete “Va' pensiero, sull'ali dorate”. Se voi leggete le parole senza cantarle, sono parole di una poesia che vale più o meno, dove le parole dicono semplicemente quello che dicono, ma se voi cantate "Va pensiero" già le parole acquistano un peso, un valore,  una forza comunicativa che  la semplice lettura non vi trasmette e se poi questa parola cantata voi la accompagnate con la musica di "Va' pensiero" avete una terza esperienza del valore espressivo, della potenza comunicativa che la musica attribuisce, assegna alla parola cantata.

Dall'inizio del mondo la musica è come l'anima segreta di ogni cosa creata, dato che non c'è nulla al mondo che non abbia un suono; come già osservava Sant'Agostino, anche una pietra, se voi colpite una pietra,  emette un suono. Tutto ha un suo suono, tutto ha una sua musica. Ecco perché dico che la musica è l'anima segreta di tutto ciò che esiste, di tutto ciò che respira; però rispetto al suono delle cose inanimate, la voce, la voce è l'espressione per eccellenza della creatura umana e costituisce un mistero, che né la filosofia né la scienza né la teologia sono mai riuscite a spiegare. La voce umana con le sue mille  modulazioni e capacità espressive e la sua prodigiosa forza di comunicazione è l'opera d'arte nella quale più che in ogni altra si manifesta l'eccezionale generosità e sapienza del Creatore.  La musica è per tanti versi come la voce umana, ma la sua forza è ancora più grande e in questo rassomiglia alla parola di Dio; c'è un'analogia tra musica e parola di Dio perché la musica compie lo stesso ufficio: governa e guida i sentimenti, consola gli afflitti, conforta i disperati, umilia i superbi, calma gli esaltati, è come una carezza per l'anima, una parola dolce che scende nel cuore.

Ora noi in questa basilica di Santa Maria in Trastevere siamo fortunati, davvero molto fortunati: abbiamo un organista di prim'ordine che aggiunge la sua musica alle nostre parole e abbiamo un coro che canta con noi e per noi in modo impeccabile. Non mi stupirei se qualcuno di voi frequentasse questa preghiera, certo per pregare, ma forse ancora di più per ascoltare questo coro e per cantare con esso. Anche questa è preghiera.

Perciò se siete d'accordo vorrei fare una proposta, certo inconsueta, ma in linea con la gioia del canto e della musica e cioé, facciamo un bell’applauso al nostro organista e al nostro coro!