Negli Usa dopo 17 anni riprendono le esecuzioni di condannati da tribunali federali: "una decisione politica e un orrore in più"

Un “orrore in più” e una decisione “politica”, che “niente ha a che vedere con la sicurezza e con le gravi crisi sociali e sanitarie che stanno vivendo in questo momento gli Stati Uniti”. E non solo.

Anche “un passo indietro” nel cammino verso l’abolizione della pena di morte, mentre in tanti Paesi del mondo si va avanti. Mario Marazziti, coordinatore della campagna mondiale della Comunità di Sant’Egidio per la moratoria e l’abolizione della pena di morte, commenta così  la ripresa delle esecuzioni di condannati da tribunali federali americani dopo 17 anni.

Il primo a essere giustiziato, oggi, tramite iniezione letale, è stato Daniel Lewis Lee, nell’Indiana, la prima di quattro condanne a morte decise da tribunali federali.

Mentre nel mondo si continuano a fare dei passi in avanti verso l’abolizione della pena capitale, queste decisioni sono motivo di dolore e sconcerto. E non riguardano, purtroppo, solo gli Stati Uniti: è di qualche giorno fa il verdetto della Corte suprema iraniana, che ha confermato la pena di morte per tre ventenni accusati di aver preso parte alle proteste del novembre 2019.