Senza anziani, senza radici non si cresce. In un servizio TV le proposte della Comunità di Sant'Egidio per una società inclusiva

"Il diario di papa Francesco" (TV 2000) parla di condomini protetti per anziani e altre alternative all'istituzionalizzazione

L'amicizia della Comunità di Sant'Egidio con gli anziani è iniziata nel 1972 e non si è mai interrotta (leggi la storia). Da sempre e ancor più al tempo del coronavirus c'è una grande attesa degli anziani di superare la solitudine, ma negli ultimi decenni in Italia gli istituti, le case di riposo, le RSA sono state la risposta principale alle difficoltà legate all'invecchiamento. Esistono tuttavia alternative che possono garantire il diritto degli anziani di rimanere a casa propria, in un ambiente familiare. L'esperienza delle soluzioni abitative per anziani ideate dalla Comunità è raccontata nella puntata del Diario di Papa Francesco su TV2000 (in fondo al testo).

Case famiglia, condomini protetti, coabitazioni (cohousing per anziani) rispondono meglio degli istituti alle esigenze personali.

Il condominio protetto è l'esempio di come rispondere a bisogni specifici. Gli anziani non autosufficienti vivono in una casa famiglia presente nel condominio e beneficiano di un'assistenza domiciliare e sanitaria continua. Gli altri anziani abitano in appartamenti dello stesso condominio e possono sempre chiedere aiuto a chi assiste i non autonomi. In questo modo si affronta una delle principali paure che spesso motiva gli anziani stessi a ricoverarsi negli istituti: non avere la sicurezza di qualcuno pronto a intervenire in caso di necessità.

Inoltre, le alternative all'istituto favoriscono la socializzazione e l'amicizia tra generazioni diverse, vecchi e giovani. Papa Francesco, nella prima estate della pandemia, in cui le strutture per anziani erano ancora in lockdown, ha rivolto un invito ai giovani: "Non lasciateli soli! Usate la fantasia dell’amore, fate telefonate, videochiamate, inviate messaggi, ascoltateli e, dove possibile nel rispetto delle norme sanitarie, andate anche a trovarli" (video e testo dell'Angelus del 26 luglio 2020). Nei condomini protetti e nelle convivenze tra anziani, ma anche in molte strutture residenziali, non sono mancati gesti di affetto e di attenzione, per lenire un effetto doloroso non trascurabile della pandemia: l'isolamento sociale.

Le buone prassi non mancano (cohousing, assistenza domiciliare, reti di prossimità) e per maggiori informazioni si può visitare il sito www.vivaglianziani.it.

Ma si avverte l'urgenza di un cambio di mentalità. Il Covid-19 ha mostrato le vulnerabilità del sistema sanitario e assistenziale, il prezzo più alto è stato pagato dagli anziani, specie quelli ricoverati in strutture. La svolta è considerare la "casa come luogo principale di cura", come sostenuto anche nell'appello internazionale "Senza anziani non c'è futuro", che continua a raccogliere adesioni nella raccolta firme online. Incentrare il modello di cura nella domiciliarità, come illustrato in autorevoli studi, è una chance per un salto di qualità non solo in termini sanitari, ma anche culturali, perché l'anziano non viene "espulso", scartato dalla società, ma di nuovo incluso in una rete di amicizia e protezione.