Il Papa accoglie una famiglia eritrea

Ragazza madre con 3 figli piccoli. E 2 in arrivo da campo profughi. Vivranno insieme in un appartamento della parrocchia di San Pietro, aiutati da Sant'Egidio

E' una donna eritrea madre di cinque figli. È questa la seconda famiglia ospitata dal Vaticano. Mettendo in atto quell'invito, «ogni parrocchia ospiti una famiglia di profughi», lanciato da papa Francesco il 6 settembre scorso, la parrocchia di San Pietro ha aperto così le porte di un appartamento nella zona di via Gregorio VII. A raccontare la vicenda della donna sono i volontari della Comunità di Sant'Egidio che la stanno seguendo nella sua odissea personale. Il più piccolo dei bambini è nato tre mesi fa in Norvegia, dove la donna era giunta, passando dall'Italia, e da dove è stata inviata nuovamente nel nostro Paese in base alla Convenzione di Dublino. Norma contestata dai migranti e da molti Stati Ue. Il regolamento prevede infatti che la domanda di asilo sia presentata nel primo Paese di approdo del profugo. E così era avvenuto per la donna che era sbarcata in Italia e che oggi ha con sé soltanto tre bambini. Attende il ricongiungimento con gli altri due figli attualmente in un campo profughi in Etiopia.
«Il più grande di loro ha 17 anni - racconta un volontario della Comunità - mentre l'altro 15. Hanno già il nulla osta e a fine mese o nel giro di poche settimane potranno vivere con la madre». Nell'appartamento messo a disposizione dalla parrocchia di san Pietro sarà accolta anche un'altra donna eritrea, amica della profuga, incontrata in Norvegia e diretta anch' essa in Italia. Si tratta anche in questo caso di una madre sola, con un bimbo piccolo.
Negli ultimi anni l'Eritrea è stato uno dei principali Paesi di origine dei migranti giunti nel Vecchio continente: nel 2014 le Nazioni Unite avevano riferito di circa 37.000 eritrei sbarcati in Europa, mentre nel 2015, con oltre un milione di persone giunte sulle coste europee, gli eritrei sono stati il quarto gruppo più numeroso, dopo siriani, afgani e iracheni. E sono il più numeroso sbarcato in Italia l'anno passato. Sono giovani, minori soli, ma anche molte donne con figli, in fuga dal proprio Paese «che non ha futuro». Le autorità di Asmara hanno più volte contestato il fatto che si tratti veramente di propri concittadini, affermando che sono molti gli africani del Corno d'Africa, in particolare gli etiopi, a fingersi eritrei per beneficiare del riconoscimento automatico dell'asilo politico concesso da diversi Stati europei ai profughi eritrei. Automatismo giustificato con il servizio militare a tempo indefinito praticato nell'ex colonia italiana, indicato come principale causa della fuga dei giovani ed equiparato dall'Onu e dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani a persecuzione, trattamento degradante o lavoro forzato.
Nel luglio del 2014 era stato Lapo Pistelli, allora viceministro agli Esteri, a sostenere la necessità di "ricominciare" a dialogare con il governo di Isaias Afewerki, al potere in Eritrea dal 1993, e di «attivare un cammino di cooperazione su tutti i settori di reciproco interesse». Da allora ad Asmara si sono moltiplicate le visite delle delegazioni di numerosi Paesi europei e recentemente l'Ue ha stanziato aiuti per oltre 200 milioni suscitando le proteste di molte ong.
Dopo l'appello del Papa a tutte le parrocchie di farsi carico dell'ospitalità di una famiglia di migranti, la parrocchia di San Pietro è così la seconda a rispondere all'invito. Già quella di Sant'Anna infatti aveva deciso di ospitare una famiglia siriana, composta da padre, madre e due figli, in fuga da Damasco. Avevano anche incontrato Francesco per ringraziarlo dell'accoglienza, a Fiumicino, subito prima che partisse per Cuba lo scorso 19 settembre.


[ Daniela Fassini ]