«Quattro anni di paura, ma adesso posso respirare»

L'emozione di Abourabia Satouf «Quattro anni di paura. Ora respiro»

 Trento «Shukran, shukran, shukran». Abourabia Satouf lo ripete in continuazione. Ringrazia in arabo, la sua lingua: «Grazie alla città di Trento, alla Provincia, al vescovo e alle persone che ci hanno accolto in Italia». Lui è uno dei ventinove membri della famiglia siriana che sabato ha raggiunto il Trentino dal campo profughi nei pressi di Tel Abbas in Libano, passando per Roma, attraverso il canale umanitario aperto grazie al lavoro della comunità di Sant'Egidio, della federazione delle chiese evangeliche in Italia e della Tavola valdese. Ieri si è presentato ai trentini insieme al fratello Abdelsalam, sua moglie Ataa e i loro figli Ahmad e Tartil. Un'unica grande famiglia accolta dalla diocesi nella struttura in località San Nicolò a Ravina dove, come ha spiegato l'arcivescovo Luigi Bressan, «avranno a disposizione un terreno da coltivare».

In Trentino trascorreranno almeno un anno, durante i primi mesi del quale attenderanno la conclusione del processo di riconoscimento dello status di rifugiati, studiando la lingua e la cultura italiana. Il saluto con il vescovo nel parco del palazzo della curia è caloroso. Tartil si nasconde dietro la mamma mentre Ahmad sorride al monsignore, che scherza con lui, lo prende per mano e insieme corrono sul prato. Poco dopo arrivano anche l'assessore provinciale Luca Zeni e il presidente Ugo Rossi, che stringe le mani ad Abourabia e ai componenti della sua famiglia mentre al piccolo Ahmad batte il cinque. «Se dio vuole, diventeremo tutti un'unica famiglia» dice Abourabia prima di essere fermato dall'emozione. «Per noi, nel campo profughi, sono stati quattro anni di incertezza, di difficoltà e paura - continua -. Da quando siamo arrivati qui, finalmente respiro». Scende dal palco, si siede in prima fila accanto al consigliere provinciale Mattia Civico, lo abbraccia e piange. «Non abbiamo fatto niente di speciale, abbiamo solo ascoltato, indotti a farlo da Mattia (Civico, ndr) - spiega Rossi commuovendosi. Sono sicuro che vi troverete bene in una comunità pronta ad accogliervi come una famiglia, in un momento nel quale un Paese vicino chiude le proprie frontiere». Civico racconta di aver conosciuto la storia di Abourabia attraverso Marta Matassoni, giovane volontaria roveretana dell'associazione Colomba.

«Lo scorso giugno sono andato a incontrarli per dimostrare loro che c'era chi li vedeva racconta Civico. Ci siamo conosciuti e quando ho saputo che il progetto per luglio era quello di affrontare la via del mare, non ho dormito per trovare un'alternativa». Il consigliere sottolinea che «attraverso l'accoglienza non mettiamo in sicurezza solo la loro umanità ma anche la nostra, perché un giorno qualcuno ci chiederà cosa abbiamo fatto di fronte a sessanta milioni di profughi, e il Trentino avrà una risposta forte». Bressan definisce l'incontro «il momento felice di un cammino iniziato mesi fa». «Esiste il diritto fondamentale alla vita ed è giusto che chi non può rimanere in un luogo possa vivere in un altro - prosegue -. E una famiglia pronta a dare il proprio contributo». L'appuntamento è servito per presentare il progetto di accoglienza dell'arcidiocesi, per cui sono stati ristrutturati 38 edifici (con una spesa di 444.769,38 euro), che ospitano 103 persone ma che possono accoglierne altre 40.


[ Andrea Rossi Tonon ]