Andrea Riccardi. Manifesto al mondo. Paolo VI all'ONU

Rassegna bibliografica

Questo libro, conciso ma ricco di contenuti, scritto da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, celebra la ricorrenza dei cinquant'anni dell'intervento di Paolo VI all'Onu, avvenuto il 4 ottobre 1965. L'A. propone un'analisi dell'evento e del testo del discorso pronunciato dal Pontefice; una copia autografa della prima stesura, e la prima e la seconda bozza del discorso vengono aggiunte in appendice.
Le riflessioni proposte individuano in maniera chiara gli elementi costitutivi del contesto storico generale, in piena «guerra fredda», e i punti sostanziali del pensiero e dell'agire di Papa Montini, il quale, «con la visita all'ONU, a vent'anni dalla fondazione dell'organizzazione, .. i presenta la Chiesa in modo nuovo, al culmine del suo processo di aggiornamento»: aggiornamento che viene realizzato dal Concilio Vaticano II.
Il breve viaggio (32 ore) di Paolo VI a New York è, infatti, anche il «viaggio del Concilio», il viaggio di tutta la cristianità, non solo cattolica, per cui il Papa viene a essere considerato, non tanto per sua scelta ma per le circostanze stesse, come rappresentante ecumenico di duemila anni di vita cristiana.
In realtà, il cattolicesimo stesso possiede il carattere dell'ecumenismo, anzi i due termini sono affini, pur se non coincidenti: «cattolico» significa letteralmente «universale»; «ecumenico» indica letteralmente ciò che è «di tutto il mondo». La stagione del Concilio, aperta da Giovanni XXIII e conclusa da Paolo VI, poneva le basi per incominciare a realizzare questa realtà inscritta nei due termini.
Una grande novità - coraggiosa, come può esserlo solo se spinta dalla forza dell'autentica testimonianza di fede - era costituita non soltanto dall'evento stesso dell'intervento del Papa al Palazzo di vetro, ma dall'atteggiamento di Papa Montini nel proporsi in tale consesso. Egli - dice l'A. - «non si vuole presentare come un maestro, in un ambiente in cui non è riconosciuto come tale [...]. Paolo VI rovescia l'atteggiamento tradizionale: il papa si presenta come un uomo tra gli uomini, parla in base all'autorità morale che gli viene da una lunga storia di fede e di condivisione. Lo stesso paradigma dell'autorità papale viene così capovolto. Il papa può parlare autorevolmente perché dà voce a una lunga esperienza di umanità e di condivisione dei dolori della storia». E l'A. aggiunge: «Proprio così - con questa autorità - Paolo VI parla alle Nazioni Unite: da grande esperto in umanità. E qui, nell'uso del "noi" maiestatico, si sente, più che il tratto sovrano, soprattutto l'espressione di una coscienza collettiva».
Al di là dei timori e delle perplessità suscitati in ambiente ecclesiale e negli stessi uffici vaticani, la scelta si rivela feconda e fedele ai princìpi evangelici e apostolici, non rinunciando «a proporre il primato dello spirituale. [Paolo VI] lo fa in modo rinnovato e non apologetico, facendone emergere la necessità nella vita e nella storia dei popoli. In questa prospettiva Paolo VI ha un atteggiamento "missionario", non certo proselitistico, sicuramente teso a far conoscere il messaggio cristiano e a manifestare il bisogno di valori spirituali».
Il tema della pace è centrale nel discorso di Paolo VI, ed è affrontato in maniera tutt'altro che utopistica. La celebre frase «gridata» dal Papa in quell'occasione, jamais plus la guerre!, indica «un principio politico che deve trovare incarnazione nella politica onusiana e in una politica multilaterale», soprattutto in favore dei popoli in via di sviluppo e dei più poveri, attraverso una serie di effettive misure concrete.
L'altro aspetto della «missione» del Papa a New York era costituito dall'incontro pastorale con il popolo cristiano degli Stati Uniti, e dall'incontro politico con il presidente Johnson. La linea del discorso pronunciato all'Onu, come fa osservare Riccardi, non coincideva in più punti sostanziali con quella del Governo statunitense, ad esempio per quanto riguardava gli interventi in Vietnam, o a proposito dell'eventuale ingresso della Cina comunista nelle Nazioni Unite, osteggiato dagli americani.
Infine, non sfugge all'A. un duplice aspetto «francescano» del viaggio di Paolo VI, sia in relazione al santo di Assisi, anche per quanto riguarda la data dell'avvenimento, sia in relazione agli insegnamenti dell'attuale Pontefice.


[ Luigi De Cristofaro ]