«Dobbiamo fare ponti ma in modo intelligente, con l'integrazione»

Il Pontefice: dopo quello che ho visto, c'era da piangere

«Volevo ringraziarvi di questa giornata di lavoro, ma per me è stato forte, troppo forte...». Francesco ha il volto serio, gli occhi tristi, la visita al Moria refugee camp ha lasciato il segno. Mostra ai giornalisti i disegni che gli hanno donato dei bimbi profughi. Al campo raccomandava: «Non perdeteli, li voglio sulla mia scrivania!».
Santità, ha detto che era un viaggio triste. Però qualcosa è cambiato, ci sono dodici persone a bordo, un piccolo gesto di fronte a chi volta la testa dall'altra parte...
«Una volta domandarono lo stesso a Madre Teresa: tanto sforzo, tanto lavoro, solo per accompagnare chi muore? Quello che fa non serve...Lei rispose: è solo una goccia d'acqua nel mare, ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso. È un piccolo gesto, ma uno di quei piccoli gesti che tutti noi dobbiamo fare per tendere la mano a chi ha bisogno».
Come è nata l'idea?
«Non c'è alcuna speculazione politica, gli accordi tra Turchia e Grecia io non li conoscevo bene, ho visto sui giornali ma non c'è nulla di questo. È una cosa puramente umana, umanitaria. È stata un'ispirazione. Una settimana fa un collaboratore me lo ha proposto e io ho accettato subito. Ho visto che era lo Spirito a parlare. Tutte le cose sono state fatte in regola. Loro vengono con i documenti, i tre Stati - Italia, Grecia, Città del Vaticano - hanno controllato tutto, dato il visto. Sono accolti dal Vaticano e sarà il Vaticano, con la collaborazione della comunità di Sant'Egidio, ad aiutarli, a cercare loro un posto di lavoro, se c'è, assisterli...».
Molte città in Europa soffrono di quartieri ghetto. I musulmani fanno più fatica a integrarsi. Non sarebbe più utile privilegiare i migranti cristiani? E perché ha privilegiato famiglie musulmane?
«Non ho fatto una scelta tra cristiani e musulmani. Queste tre famiglie avevano le carte in regola e si poteva. C'erano due famiglie cristiane che però non avevano le carte in regola. Non è un privilegio, tutti sono figli di Dio. Sull'integrazione, lei ha detto una parola che nella nostra cultura sembra essere dimenticata, dopo la guerra: oggi esistono i ghetti. E alcuni dei terroristi che hanno compiuto attentati sono figli e nipoti di persone nate in Europa. Cosa è successo? Non c'è stata una politica di integrazione. E questo per me è fondamentale. Oggi l'Europa deve riprendere la sua capacità di integrare. C'è bisogno di una educazione alla integrazione».
Tornano i controlli alle frontiere, è la fine di Schengen e del sogno europeo?
«Non lo so. Io capisco i governi e anche i popoli che hanno una certa paura. Questo lo capisco, dobbiamo avere una grande responsabilità nella accoglienza. Una delle questioni è come si integra questa gente da noi. Io ho sempre detto che fare muri non è una soluzione. Abbiamo visto, il secolo scorso, la caduta di uno... Non risolve niente, un muro. Dobbiamo fare ponti, ma i ponti vanno fatti in modo intelligente, con il dialogo, l'integrazione. Capisco un certo timore, ma chiudere le frontiere non risolve niente, perché la chiusura alla lunga fa male al proprio popolo. L'Europa deve urgentemente fare politiche di accoglienza, di integrazione, di crescita, di lavoro, di riforma dell'economia. Questi sono i ponti che ci aiuteranno a non alzare muri».
E il campo profughi?
«Dopo quello che ho visto in quel campo... Era da piangere. I bambini. I bambini mi hanno regalato tanti disegni. In uno, ecco (lo mostra, ndr), si dice: "Cosa voglio nella vita: pace". Perché soffrono. Cosa hanno visto, quei bambini! Guardate questo disegno: ha visto un altro bambino annegare. Davvero oggi era da piangere. Lo stesso tema lo ha disegnato questo bambino dell'Afghanistan: il barcone, vedete? I bambini hanno nella memoria questo. E ci vorrà tempo per elaborarlo. Ecco un altro disegno: il sole che vede e piange. Ma se il sole è capace di piangere, anche a noi una lacrima farà bene».
Non distingue tra chi fugge dalla guerra e chi dalla fame, perché?
«Tutti e due sono effetto di sfruttamento. E per tutti si devono fare opere buone: Io inviterei i trafficanti di armi - in Siria, chi dà le armi ai diversi gruppi? - a passare una giornata in quel campo. Credo che farebbe loro bene».


[ Gian Guido Vecchi ]