A maggio nuovi arrivi. Padova in prima linea

Corridoi umanitari. Presentato al teatro Ruzante il progetto di Sant'Egidio, Tavola Valdese e chiese evangeliche
Si tratta di una prassi unica in Europa, sottoscritta anche dai ministeri degli interni e degli esteri, che ha l'obiettivo di fare scuola anche in altri paesi dell'Unione L'iniziativa, totalmente autofinanziata, ha costi inferiori rispetto alla media dello stato e si regge sull'impegno di numerosi volontari

Sul volo di ritorno dall'isola di Lesbo, papa Francesco ha fatto salire dodici profughi musulmani e alla domanda «perché solo dodici?», il pontefice ha risposto citando madre Teresa: «È una goccia d'acqua nel mare, ma dopo quella goccia, il mare non sarà lo stesso». E con lo stesso spirito sono nati i corridoi umanitari, un progetto ideato dalla Federazione delle chiese evangeliche, dalla Tavola valdese e dalla Comunità di sant'Egidio, che ha accolto i dodici siriani, per consentire ai migranti di raggiungere l'Europa in sicurezza senza rischiare la vita in mare. Una soluzione umana quanto mai provvidenziale se si pensa alla notizia dei circa 400 somali annegati nell'ennesima tragedia nel Mediterraneo.
Il progetto-pilota, presentato lunedì 18 aprile al teatro Ruzante in un incontro organizzato dalla Comunità di sant'Egidio di Padova, è stato firmato, d'intesa con i ministeri degli interni e degli esteri, lo scorso 15 dicembre e prevede l'arrivo in Italia di mille migranti provenienti dal Libano, anche se si sta lavorando per trovare accordi con il Marocco e l'Etiopia. Una volta atterrati, usufruiscono di un visto umanitario temporaneo con il quale fanno domanda di protezione internazionale: è una proposta unica in Europa con l'auspicio che possa spronare altre nazioni come la Germania e la Spagna. Lo scorso febbraio, con un volo di linea partito da Beirut, sono arrivati a Roma i primi 97 profughi siriani e tra i 43 bambini c'era Diya che ha perso una gamba a causa di una bomba esplosa mentre giocava a pallone in una strada di Homs. Ora ha una protesi e studia per imparare l'italiano così come Falak, bambina di sette anni arrivata a Fiumicino con una grave forma di tumore all'occhio: ne ha perso uno, ma è stata prontamente curata, salvando l'altro.
Con gli ingressi principali sempre più barricati, l'unica strada per accedere in Europa è attraverso "porte di servizio" illegali, utilizzando barconi fatiscenti alla mercé dei mari e dei trafficanti. I corridoi umanitari, per tale ragione, puntano sulla sicurezza, non solo di chi viaggia: «Prima di arrivare in Italia, queste persone vengono identificate dall'ambasciata italiana a Tripoli e partono coi documenti in regola - spiega Cesare Zucconi della Comunità di sant'Egidio - Questo snellisce le pratiche che, assieme agli aiuti di chiese, comunità, associazioni e famiglie, rendono più spontanea e immediata l'accoglienza. Per esempio, i dodici profughi arrivati con papa Francesco hanno subito iniziato un corso d'italiano». Il progetto, totalmente autofinanziato, ha un costo inferiore rispetto alla spesa media dello stato e si regge sulla forza di numerosi volontari e sulla stretta collaborazione dei tre movimenti cristiani. È una soluzione che favorisce la comprensione dell'altro e debella quel sensazionalismo mediatico avvezzo a evidenziare gli scontri e non gli incontri: «In Germania, nel paese di mille abitanti che deve ospitare 200 stranieri, si insegnano i vantaggi per la comunità e il business che si crea - ha affermato Stefano Allievi, docente dell'università di Padova - Mi domando, pertanto, se non ci sia una connessione tra chiusura mentale e declino economico; che rapporto c'è, pensando anche al Veneto, tra mancato sviluppo e assenza di interesse nel conoscere e capire le storie degli altri? L'integrazione è come un matrimonio: bisogna farla in due».
Al momento i rifugiati arrivati tramite i corridoi umanitari sono stati accolti a Roma, ma anche a Torino e Trento; a maggio sono previsti nuovi arrivi e la Comunità di sant'Egidio di Padova si dice in prima linea, chiedendo partecipazione a cittadini e associazioni del territorio.


[ Giovanni Sgobba ]