Vivere la periferia del nostro tempo

Intervista ad Andrea Riccardi
Dagli abitanti dei quartieri degradati agli anziani: il fondatore della Comunità di Sant'Egidio racconta la realtà ai margini

Con un papa come Francesco che viene «quasi dalla fine del mondo», anche il punto di osservazione della Chiesa sta cambiando: meno eurocentrismo, infinitamente meno centralità di Roma, la scoperta delle periferie come luogo dell'anima.
Andrea Riccardi, fondatore nel Sessantotto della Comunità di Sant'Egidio, nel suo libro "Periferie. Crisi e novità per la Chiesa" (Jaca Book, 10 euro, oggi la presentazione a Palazzo Ducale) racconta di periferie tangibili, come le banlieue parigine o i quartieri degradati di tante città italiane. Ma anche immateriali e non meno reali: gli anni della vecchiaia, periferia della vita.
Partiamo dal presente e dalla "missione" del Papa all'isola di Lesbo: periferia del mondo?
«Lesbo è una periferia duplice: lo è dal punto di vista geografico e ancor più da quello umano, come Lampedusa, dove si accalcano decine di migliaia di rifugiati. Rifugiati, uso consapevolmente questo termine: sono persone che vedono l'Europa come terra di rifugio e noi europei non possiamo sottrarci alla responsabilità di gestire, con intelligenza e sensibilità, la realtà di questi movimenti di massa»..
Il Papa porta con sé in Vaticano dodici rifugiati siriani,affidati proprio a Sant'Egidio: è sostanza o è marketing della fede?
«Il Papa ha dato visibilità, con un viaggio eccezionale, al progetto dei corridoi umanitari che Sant'Egidio ha già avviato insieme al ministero degli Esteri, la Federazione delle Chiese evangeliche e la Tavola Valdese: l'obiettivo è concedere l'opportunità dell'ingresso legale in Italia a persone in pericolo, vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, disabili. Grazie a questo piano, mille persone arriveranno in Italia senza rischiare la vita sui barconi».
Alla vigilia del Conclave che lo eleggerà, Bergoglio scrive: la Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e andare nelle periferie, non solo geografiche. Lei parla anche di periferie delle età della vita: tra queste, la vecchiaia.
«Sì, le periferie geografiche e umane non sempre si sovrappongono: la terza età è sicuramente la periferia della vita, per questo la Comunità di Sant'Egidio le dedica da sempre un'attenzione particolare, promuovendo un patto tra generazioni: i giovani e gli anziani insieme, per uno scambio di ricchezze».
Il viaggio di Bergoglio in Italia è partito da Lampedusa, il suo giro del mondo va da Tirana e Sarajevo, fino a Lesbo. È davvero il Papa delle periferie?
«Sicuramente sì. E a breve andrà in Irlanda che, dopo gli scandali dei preti pedofili, è diventata anche periferia del mondo cattolico. Per papa Francesco, ripartire dalle periferie significa rinnovare il cristianesimo stesso».
Da storico, lei racconta di una Chiesa che a cavallo tra Otto e Novecento ha perso il contatto con il mondo proletario, lasciandolo ad altre ideologie laiche. E nel 1954, con papa Pio XII, ha posto fine all'esperienza dei "preti operai", un tentativo di riguadagnare terreno nelle fabbriche. E adesso?
«Adesso molti temono l'estremismo islamico, un pericolo che certamente non nego, ma non è il solo. Prendiamo Roma: la Chiesa rattrappisce. E allora a crescere nelle periferie, dove non c'è più una rete di comunità e solidarietà, è la rete delle mafie. I funerali di Casamonica lo hanno mostrato a tutti: il vuoto, anche di presenza politica, non può esistere».


[ Bruno Viani ]