A. Riccardi: Periferie. Crisi e novità per la Chiesa

«Il dramma è stato il crollo delle reti sociali: i quartieri sono diventati luoghi anonimi, senza identità, e questo ha lasciato le periferie in mano a forze deviate o al nichilismo». La lettura che Andrea Riccardi - storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio - dà delle città di questo secolo è lucida: ne descrive le zone d'ombra, ma non come una sentenza inappellabile.
"Le nostre periferie - dice - non sono una sconfitta, ma una sfida». E forse quello della "sfida" è stato il tema più presente nella conferenza di presentazione dell'ultimo libro di Riccardi "Periferie. Crisi e novità per la Chiesa" (ed. Jaca Book, 148 pp., 10 euro) che giovedì scorso ha riempito le due sale del Maggiore e del Minor Consiglio di Palazzo Ducale.
Con Riccardi hanno parlato oltre al responsabile di 
Sant'Egidio a Genova, Andrea Chiappori, anche il presidente della Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale, Luca Borzani, lo storico Agostino Giovagnoli e il giornalista del Corriere della Sera Antonio Ferrari.
«Nel 2007 - ha spiegato Riccardi - gli abitanti delle città di tutto il mondo hanno superato quelli delle campagne. Quella è stata una data significativa a livello globale, perché da allora si è disegnato un mondo di megalopoli. Nel frattempo, nelle città sono morte le reti delle periferie e la fine del comunismo, paradossalmente, ha creato un vuoto».
Come chiedeva Cicerone per la grande Roma di fronte alla fine di Cartagine, così è lecito chiedersi della Chiesa: che cos'è il cristianesimo senza Comunismo? «La sfida, la competizione - ha continuato Andrea Riccardi - fanno bene».
E la Chiesa cattolica, fino a papa
Francesco, ha dato l'impressione di essere disorientata, incapace di scegliere tra realtà di minoranza o Chiesa di popolo. «Il rischio è stato quello di tentare di "fare lobby": come una minoranza di duri e puri che cerca di essere influente sul centro. Ma papa Francesco ha riproposto una Chiesa di popolo, complessa: si sa dove comincia ma non dove finisce".
Anche Borzani, laicamente, ha ripreso l'invito del Pontefice ad uscire: «Si tratta - ha spiegato - di un invito che vale per tutti e non solo per le religioni, ma tira in ballo la politica e il futuro di ciascuno. Non rimanda solo a una dimensione caritativa, ma strategica: bisogna evitare che queste parole vengano anestetizzate».


[ Sergio Casali ]