"Casa Scalfaro" aperta ai poveri e ai rifugiati

I luoghi della misericordia

Rifugiati, sfrattati, anziani soli. Sono loro la nuova vita della casa che il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha donato alla comunità di Sant'Egidio. La villetta era dei genitori del Presidente, una palazzina d'inizio Novecento. Ora a Novara apre la porta e accoglie chi fa più fatica, che parli piemontese o arabo poco importa. Voleva un centro per i poveri. Ora c'è. «Ho trovato riparo in una grande famiglia. Sto nella stanza del Presidente. Un grande privilegio per un disgraziato che come me stava in mezzo alla strada». Ha le lacrime agli occhi e le trattiene a stento, Antonio, mentre ci guida tra le pagine della seconda vita della casa del Presidente.
Via Campagnoli 13. Due costruzioni gemelle che si affacciano sulle vie di una città silenziosa e ordinata in questo giorno ancora freddo d'una primavera bizzarra. La prima il Presidente l'ha lasciata alla comunità di 
Sant'Egidio il 29 gennaio del 2012, pochi giorni prima di morire. Nell'altra viveva la sorella, ora il nipote Paolo. E stata rimessa a nuovo, anzi trasformata, ora è come Scalfaro voleva. Un ordinato susseguirsi di stanze che accolgono, stanze che parlano le lingue del mondo.
Ad ogni piano ci si incontra con una storia. Di qui passano famiglie con problemi, gente che ha perso tutto, persone in cerca di speranza. Al piano rialzato lo studio è diventato un locale per genitori con bambini: tre camere con bagno ed una grande cucina soggiorno. Adesso c'è una famiglia marocchina con due piccoli.

Lui è magazziniere, lei assistente famigliare, ma la crisi ha portato loro via il lavoro all'improvviso. Resteranno alcuni mesi. Il tempo necessario per reinventarsi un'altra volta.
Nella stanza di Marianna, la figlia del Presidente, ci sono due anziane, Pierina di 82 anni e Cesarina, una vita da operaia nella manifattura Wild. Le camere sono divise dal grande armadio a muro restaurato che conteneva la biancheria della casa, la dote di Marianuzza, la moglie di Scalfaro, morta appena ventenne nel 1944.
Bambini, anziani che non hanno í soldi per andare in una residenza, immigrati: italiani e marocchini, italiani e musulmani. Tutti insieme per ritrovare le ragioni del futuro. Culture diverse si amalgamano, si mescolano, si scambiano valori, si arricchiscono a vicenda. Dietro a tutto e tutti uomini e donne della comunità di 
Sant'Egidio e Daniela Sironi, la presidente. Fu lei ad andare a Roma mentre il Presidente stava decidendo che fare della casa. «Gli raccontai dei tanti sfratti che stavano colpendo la nostra città e del dramma crescente degli anziani soli. Gli piacque molto l'idea di far vivere insieme giovani e vecchi come una famiglia. Ricordo bene quel giorno. Scalfaro era entusiasta e allegro, perché si realizzava un suo desiderio importante».
Si avvicina l'ora del pranzo e nelle camere si diffondono i profumi del cibo. I bambini parlano con gli anziani e questi raccontano loro le storie di un tempo. Così, con estrema semplicità, le tradizioni di chi è arrivato da molto lontano e di chi è sempre vissuto qui si integrano e completano. «Sono il presidente della casa», racconta sorridendo Antonio. «Qui mi sento in paradiso. Un tempo ero benestante, poi le disavventure della vita mi hanno portato alla disperazione».
Nel vorticoso cambiamento delle stanze, alcune cose e simboli continuano a parlare di Scalfaro: sul soffitto della stanza presidenziale il lampadario è circondato da dodici stelle che ricordano la corona del rosario; sul pianerottolo d'ingresso un bassorilievo riproduce la scena biblica del ritorno di Tobia accolto dal padre.
Le stelle e la Bibbia. Due immagini che sembrano voler rappresentare simbolicamente la nuova vita di "casa Scalfaro": le stelle, ma soprattutto il ritorno. E per molti di coloro che passano di qua, superare i tre gradini d'ingresso vuol dire ritornare, sia pure temporaneamente, alla normalità.
Ora si chiama "casa Simeone e Anna", come i due anziani che accolsero Gesù al tempio. Erano vecchi come alcuni degli ospiti, con un bagaglio di esperienze alle spalle, pronti a metterle a disposizione dei giovani che si fermano per qualche mese a Novara. Una storia di integrazione, che ha trasformato i limiti in risorse, la differenza di religione e di culture in ricchezza, la diversità di lavori in opportunità: una bella strada.


[ Gian Mario Ricciardi ]