I corridoi umanitari, una stada che funziona

Altri 81 profughi arrivano in Italia grazie ai corridoi umanitari. Un'esperienza che l'Italia porterà il 21 giugno all'Onu. E intanto Sant'Egidio lancia un appello perché altri Stati mettano in pratica questa strada per evitare le morti in mare

L'appello arriva dal terminal 5 di Fiumicino dove, dopo un viaggio cominciato dai campi profughi del Libano, sono arrivati 81 siro-palestinesi. Ed è  un «appello ai Governi dell'Europa perché pensino ai corridoi umanitari. C'è fretta di adottare questo modello per scongiurare altre morti in mare». Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio dà il benvenuto in Italia ai 30 bambini (di cui 2 con handicap gravi) e ai 51 adulti che da oggi saranno ospiti di famiglie, gruppi, associazioni sparsi per l'Italia. Sono arrivati in tanti, con fiori e regali per "portare a casa" i nuovi arrivati perché, come ha sottolineato Paolo Naso, della Federazione delle Chiese evangeliche, «dicono che bisogna aiutarvi a casa vostra, ma finché non c'è sicurezza questa, in questo momento, è casa vostra». Andranno in Toscana, Lazio, Piemonte, Liguria, Lombardia, Campania e Puglia. Cinque persone saranno accolte dalla Repubblica di San Marino, primo Stato, dopo l'Italia, ad aderire al progetto dei corridoi umanitari. Il progetto, nato da un protocollo d'intesa sottoscritto il 15 dicembre dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale - Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, dal ministero dell'Interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, dalla Comunità di Sant'Egidio, dalla Fcei e dalla Tavola valdese, ha consentito di far arrivare in Italia in condizioni di sicurezza 280 persone. L'iniziativa è totalmente autofinanziata dai promotori del progetto che si impegnano anche in progetti di integrazione. «Attualmente, per esempio, tutti i bambini arrivati vanno a scuola», spiega Impagliazzo.
Il 21 giugno, assicura Mario Giro, viceministro degli Esteri,  «l'Italia presenterà questo modello - che ci educa ad affrontare la crisi dei rifugiati in modo ragionevole, sereno, sicuro e rispettoso dei diritti di tutti - all'assemblea generale delle Nazioni Unite. C'è molto rispetto per quello che l'Italia sta facendo nel Mar Mediterraneo e spero che saremo ascoltati». Nell'arco di due anni si prevede l'arrivo, nel nostro Paese, di mille profughi dal Libano, dal Marocco e dall’Etiopia. I profughi sono scelti in base a un criterio di vulnerabilità: per lo più si tratta di famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, persone con disabilità.
A ringraziare, a nome di tutti gli 81 arrivati con questo terzo volo, prende la parola Abdel Ghani, di Homs, la cittadina siriana cuore della rivoluzione e oggi quasi totalmente distrutta: «Ci avete dato una possibilità, ci avete aiutato a venire qui, ci avete accolto con dei fiori simbolo della vostra umanità», dice fra la commozione generale. «Se Dio vuole, se i nostri Paesi ritorneranno alla pace non dimenticheremo mai ciò che avete fatto per noi». In un angolo si abbracciano Salwa, appena scesa dall'aereo e sua sorella Muntaha, che la aspettava in Italia già da più di un anno.
«Il mio nome significa fino alla fine», ripete, «e anche se ormai mi sento siriana e italiana, io fino alla fine non perdo la speranza di poter tornare in pace nella mia terra».  


[ Annachiara Valle ]