Intevista a Andrea Riccardi: «Fase difficile per Roma. L'incontro col Papa? Non è un'incoronazione»

Riccardi: la mia Roma in emergenza
Appello del fondatore di Sant'Egidio: «Per affrontare le emergenze serve uno spirito civico costituente che coinvolga le parti migliori della città»

«Non si tratta di una messa sotto tutela, né di un'incoronazione. È un fatto normale». Così, in quest'intervista a l'Unità, il professor Andrea Riccardi commenta il recente incontro tra Papa Francesco e Virginia Raggi, neo-Sindaca di Roma. Non vuole ancora dare giudizi sulla nuova amministrazione, ma chiede uno scatto alle eccellenze della società civile affinché escano dalle «nicchie» nelle quali si rifugiano e sprona il mondo cattolico a diventare protagonista di un nuovo spirito civico a partire dalle periferie.
Riccardi è uno dei più influenti leader del mondo cattolico: classe 1950, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, docente di Storia delle Religioni, ministro della Cooperazione internazionale e l'integrazione nel governo Monti, insignito del premio Carlo Magno nel 2009, indicato nel 2003 dalla rivista Time quale uno dei 30 eroi moderni, per il suo impegno umanitario.
Il suo nome era circolato tra i possibili candidati a sindaco di Roma. Qualche mese fa, intervistato da noi, smentì quella possibilità, ma già allora pensava che «ci sono situazioni incancrenite e non è un sindaco che fa la nuova Roma». Significativo che oggi ribadisca la sostanza di quell'affermazione all'indomani dell'elezione della nuova Sindaca, disegnando il mondo cattolico come una «potenza civile» non anti-politica ma fuori dalla politica che si propone di ricostruire i legami sociali e il destino comune di una metropoli divisa e stanca.
Come giudica le difficoltà nella formazione della giunta Raggi?
«A Roma ne abbiamo viste tante..: non mi formalizzerei, né mi pare il caso che io faccia le pulci quando neppure è cominciata l'attività dell'amministrazione. Quel che posso dire è che Roma è in una situazione molto difficile e che dunque occorre guardare in prospettiva al grande lavoro che c'è da fare».
L'incontro tra Papa Francesco e Virginia Raggi è un'apertura di credito alla nuova amministrazione?
«C'è un interesse generale del mondo cattolico per una sinergia tra tutte le forze in grado di costruire una Roma diversa, ma l'incontro è del tutto normale, non rappresenta né una messa sotto tutela, né, tantomeno, un'incoronazione. Roma, lo vedono tutti, deve affrontare una situazione di emergenza e serve uno sforzo comune».
Quali sono le principali emergenze?
«I rifiuti, le periferie, la vivibilità. Roma è divisa tra un centro turisticizzato e senz'anima e periferie abbandonate e in crisi. È proprio in questa sconnessione del suo tessuto che si legge la crisi dei partiti, dei sindacati, delle reti sociali. È su questo che io vedo un grande ruolo del mondo cattolico, l'unica rete sociale ancora presente in città, soprattutto nelle periferie, sono le associazioni e le parrocchie».
Le ricerche dicono che una gran parte di questo mondo ha votato per Virginia Raggi. Lei come se lo spiega?
«Anche il mondo cattolico vive una fase di transizione: c'è una forte identità socio-culturale che non ha una proiezione politica, quindi le scelte sono individuali. C'è tutto un mondo che si è sentito escluso e abbandonato dalla politica e ha scelto chi si presentava come il nuovo».
Verso la metà degli anni '70 la Diocesi Romana fu protagonista di un risveglio civile, con il famoso convegno sui mali di Roma, qualcosa di simile dovrebbe accadere anche oggi?
«Esatto. Nel convegno del febbraio 1974 confluì l'esperienza dell'insieme del mondo cattolico, con le parrocchie, le associazioni, le personalità, così radicato nelle periferie. Ecco, malgrado risulti ancora l'unico presente nei luoghi dell'abbandono, oggi anche il mondo cattolico si è un po' rattrappito. Occorre uno scatto, uno sforzo civico, come ha ricordato anche l'esortazione del Cardinal Vallini».
In cosa dovrebbe concretizzarsi questo impegno?
«Credo che la politica e l'amministrazione non ce la possano fare ad affrontare da sole le grandi e complesse questioni che Roma dovrà affrontare. A parte le emergenze di cui parlavamo prima che riguardano la vita quotidiana dei romani, penso alle dimensioni del Comune, la cui governance è totalmente inadeguata e penso alla necessità di cambiare radicalmente l'amministrazione. Ma per affrontare questi nodi serve un nuovo spirito civico costituente che  coinvolga le parti migliori della città».
Non sembra che la composizione della giunta rifletta una tale intenzione, tra falde interne e rifiuti eccellenti.
«Non bastano le prime mosse per giudicare. Faccio sinceramente i miei auguri a Virginia Raggi, perché credo che sia ancora possibile salvare Roma. Ma io penso che sia prima di tutto necessario che rinasca la società civile che a Roma, soprattutto nelle sue esperienza di eccellenza, deve uscire dalle nicchie nelle quali si rinchiude. Solo così possiamo ritrovare il senso di un destino comune». 


[ Carmine Fotia ]