Sant'Egidio, appello per la pace. La mobilitazione delle religioni

In Germania seconda giornata del meeting "Strade di pace" organizzato dalla Comunità nello spirito interreligioso di Assisi. La manifestazione è stata inaugurata domenica dalla cancelliera tedesca e dalle parole del Pontefice

Solo il dialogo tra i popoli potrà disinnescare la violenza che assedia il mondo. Quella delle guerre combattute in Medio Oriente, o minacciate in Estremo Oriente. Quelle non dichiarate della povertà e dei cambiamenti climatici, che uccidono migliaia di disperati in fuga dal continente africano e devastano quello americano. Scelte geo politiche ed economiche scellerate, che arrivano a strumentalizzare anche le religioni. Da Munster in Germania si leva l'appello dei costruttori di pace della Comunità di Sant'Egidio, che si mobilitano nello spirito interreligioso di Assisi per una meta da perseguire su strade ancora dissestate.
È proprio "Strade di pace" il tema della tre giorni promossa assieme alla diocesi di Munster-Osnabruck, aperta domenica all'auditorium del Messe und Congress Centrum- affollato da migliaia di persone - dalla cancelliera Angela Merkel e dal messaggio di papa Francesco, dopo l'introduzione del fondatore della Comunità Andrea Riccardi. Qui, proprio nella città in cui nel 1648 venne firmata la pace di Vestfalia che chiuse la guerra dei trent'anni tra cattolici e protestanti. E qui leader religiosi, intellettuali, politici, donne, uomini e ragazzi di buona volontà si confrontano in 24 seminari sui temi più scottanti: Europa e Africa, ambiente, giustizia sociale, terrorismo, migrazioni, nonviolenza, disarmo, religioni. Stasera a Osnabruck processione e preghiera in piazza, con l'accensione dei candelabri e la firma dell'appello.
Papa Francesco nel suo messaggio ribadisce che «la nostra via per la pace, di fronte all'irragionevolezza di chi profana Dio seminando odio, di fronte al demone della guerra, alla follia del terrorismo, alla forza ingannevole delle armi, non può che essere una via di pace, quella che accomuna molte tradizioni religiose». E allora «per aprire varchi di pace ci vogliono coraggio umile e perseveranza tenace e soprattutto occorre pregare». Quello che invece «non possiamo e non dobbiamo fare è restare indifferenti così che le tragedie dell'odio cadano nell'oblio». Un appello alle religioni che neanche stavolta è caduto nel vuoto, con la partecipazione - tra gli altri - del Grande imam di Al Azhar in Egitto, Ahmad Muhammad Al-Tayyeb, e del rabbino di Francoforte Avichai Apel.
Anche Angela Merkel non è nuova a questi appuntamenti e ricorda l'incontro di Sant'Egidio a Monaco nel 2011. E parla con passione delle responsabilità dell'Europa verso l'Africa. «Non possiamo lasciare da soli i paesi in crisi - dice la cancelliera - e non avremo un buono sviluppo del mondo se qualcuno ne verrà escluso». E dunque «come europei abbiamo la responsabilità di impegnarci per l'Africa» nella "formazione dei giovani", chiave essenziale per lo sviluppo economico e democratico: «Lanciamo una nuova alleanza per il Sahel». Sull'immigrazione Angela Merkel è chiara: «Dobbiamo togliere le persone dalle mani dei trafficanti, combattere l'emigrazione illegale e fornire possibilità di accesso sicuro - dice - in Europa. Occorrono patti con la Libia, il Niger e il Ciad e collaborare meglio coi paesi di origine e di transito. Ma anche occuparci delle persone in Libia - avverte - a volte in condizioni catastrofiche». E «l'accoglienza umanitaria - ribadisce - rappresenta uno strumento fondamentale della nostra politica. Ringrazio dal profondo del cuore Sant'Egidio per l'impegno nella creazione dei corridoi umanitari». Perché la pace, «è un cantiere aperto a tutti, non solo agli strateghi e agli specialisti: tutti insieme abbiamo una comune responsabilità per la pace nel mondo».
Concorda il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: la politica migratoria va gestita «aprendo canali anche per i flussi dei migranti economici», per evitare l'irregolarità che porta allo sfruttamento, nei campi o sui marciapiedi. Tajani propone un "Piano Marshall" per l'Africa: «I 4 miliardi messi a disposizione dal parlamento europeo sono insufficienti, ne servirebbero 40 per far crescere il continente africano».
Sviluppo sì, ma sostenibile, avverte l'economista statunitense Jeffrey Sachs, direttore dell'Earth Institute della Columbia University, critico sulla linea " negazionista" di Washington sull'emergenza climatica: «Al G20 di luglio ad Amburgo gli Usa hanno detto no all'accordo sul clima, oggi l'uragano Irma ci dimostra tragicamente quanto quella scelta sia stata sbagliata e immorale. Dobbiamo usare le risorse e le tecnologie in nostro possesso per contrastare il riscaldamento globale e ridare potere agli strumenti di politica internazionale come il Consiglio di Sicurezza dell'Onu». Ma c'è chi rema contro, sostiene Sachs: «Le industrie petrolifere hanno pagato i nostri politici per non raccontare la verità e dire no agli altri leader del G20 - accusa - e questo ha un nome, si chiama corruzione».



[ Luca Liverani ]