Don Solalinde: «I narcos non mi fermeranno»

Oggi a Genova alla sala Quadrivium
Parla il sacerdote messicano, una vita in prima linea al fianco dei migranti e dei rifugiati

«NON ho paura della morte, perché per me non esiste, cambierei solo questa vita, che amo, con quella eterna. Ma, mentre vivo, compirò la mia missione: avere cura dei migranti, difenderli da chi li usa come merci, per la tratta di esseri umani, i sequestri, il traffico di organi, le estorsioni e lo sfruttamento sessuale e lavorativo». Don Alejandro Solalinde, 72 anni, è un prete messicano nel mirino dei narcos, per aver denunciato i crimini contro le migliaia di disperati che cercano di attraversare la frontiera Usa-Messico. Seguace di padre Romero, Solalinde ha fondato nel 2007 il Centro di accoglienza "Hermanos en el camino" a Ixtepec, nello stato di Oaxaca, in Messico. «E da allora abbiamo dato rifugio e protezione a 210 mila profughi, 66 mila nel solo primo anno», ricorda padre Solalinde, candidato al Nobel per la pace 2017, autore di "I narcos mi vogliono morto" (Edizioni Emi), che sarà protagonista di un incontro oggi alle 17.30 a Genova, alla Sala Quadrivium e, poi, di un lungo periplo nei prossimi giorni in Italia, invitato dalla Comunità di Sant'Egidio.
Don Alejandro, sulla sua testa i cartelli hanno posto una taglia di 1 milione di dollari. Che significa lavorare in prima linea in Messico?
«Viviamo in un narcostato, con un governo ipocrita e cinico, in cui vige la legge del crimine organizzato e del crimine autorizzato. Con il nostro lavoro in difesa dei diritti umani ovviamente disturbiamo il business del narcotraffico, ma diamo fastidio anche allo Stato messicano, al quale non piace che denunciamo la verità. Molti sindaci e governatori del Pri, il partito al governo, sono corrotti, perché i cartelli pagano le loro campagne elettorali, per poi riscuotere il conto all'elezione. E il presidente Peria Nieto li protegge».
Che genere di assistenza offre 'Hermanos en el camino'?
«Alimenti, rifugio, assistenza medica, sostegno psicologico e consulenza giuridica e legale. In Messico, 57 milioni di abitanti sono sotto la soglia di povertà. Molti migranti cercano di entrare negli Usa per mandare rimesse alle famiglie, spesso senza nulla, neanche le case, distrutte dagli uragani. Tanti sono vittime di assalti, aggressioni fisiche e sessuali, abusi di autorità, estorsioni e sequestri da parte di bande del narcotraffico, ma anche delle autorità di polizia e di agenti dell'immigrazione corrotti».
Con che mezzi si mantiene il centro?
«Dio ci aiuta. Non abbiamo mai avuto donazioni mensili. L'unico è quello che passa la mia famiglia, di 500 dollari. Ma la gente ci dà una mano, soprattutto i poveri: ci regalano legumi, olio, riso, fagioli».
Padre Solalinde, lei non lesina critiche nemmeno alla chiesa cattolica...

«Sì, perché un paese dove l'82% della popolazione si dice ufficialmente cattolica non può essere il secondo più violento al mondo. Cosa fa intanto la Chiesa? Perché non educa? In Messico si assassinano 7 donne al giorno e la chiesa continua a dare il cattivo esempio con l'esclusione delle donne, considerate esseri inferiori, e dell'apostolato femminile, che invece papa Francesco ammette: ha riconosciuto Maria Maddalena come apostolo della Chiesa il 17 maggio scorso».
Non teme le minacce?
«Ne ho subite tante. In due occasioni hanno tentato di appiccare fuoco al nostro centro e sono arrivati uomini armati di mitra su camionette. Non mi hanno ucciso solo perché non hanno voluto. Vogliono spaventarmi. Ma io ho detto loro: mi fermerete solo con un tiro in mezzo alla fronte».
Cosa dice all'Europa, che chiude le porte ai migranti?
«Rifugiati e migranti sono un'opportunità per rinnovare il nostro mondo. Sono per l'80% giovani, nostri fratelli e sorelle nel cammino». 


[ Paola Del Vecchio ]