Sant'Egidio. I giovani: «Un'altra accoglienza è possibile»

C'è un'Europa che non si  rassegna. Non si rassegna al fatto che anche un solo uomo non possa cambiare le cose, capovolgere le idee dei grandi dell'Ue, costruire ponti quando invece i governi vorrebbero innalzare i muri per fermare i migranti. Sono i giovani riuniti a Roma fino a domani nella "globalfriendship to live together in peace", il convegno internazionale dei giovani per la pace organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, che culminerà domani nella visita alle Fosse Ardeatine. Molti di loro arrivano proprio dai Paesi del blocco di Visegrad e sono andati anche in prima persona alle frontiere dei propri Stati per dare cibo e acqua ai
disperati che riuscivano a superare il confine.
Dorka Be Citlie ha appenadiciotto anni, ma già le idee molto chiare. Da Budapest, dove vive, con degli amici è arrivata alla frontiera per tre volte «cercando di evitare la polizia -racconta- e abbiamo distribuito biscotti e vestiti a chi ce l'ha fatta». Il suo racconto è un condensato di emozioni e politica internazionale. «Sai cosa chiedono questi ragazzi?- fa ad un tratto - Chiedono di essere visti come figli, genitori e nonni, mentre la politica spesso li fa passare come terroristi che vengono qui per diventare delinquenti». Siria, Afghanistan, Africa Centrale. Chi scappa da questi territori «vorrebbe solo essere accolto in Europa per salvarsi la vita, finché da loro c'è guerra - aggiunge - non vuole rimanere da noi per sempre, vogliono solo riunire la loro famiglia».
È ancora tutta sparpagliata per il Vecchio Continente la famiglia siriana che segue Magdaline Wolnick, ospitata dalla comunità di Sant'Egidio a Varsavia. Due genitori di 65 e 63 anni arrivati da Homs due anni fa che ormai considerano la volontaria Magdaline e i ragazzi della comunità «i loro figli», tanto quanto i quattro biologici che vivono tra Svezia e Germania «Il loro desiderio è vivere in pace, tranquilli, ma pur essendo da soli a Varsavia- il suo volto non nasconde la soddisfazione-non si sentono soli e neppure di peso alla società». Pur nella difficoltàdi imparare una lingua straniera in tarda età difatti cercano di dare una mano, aiutando la comunità con gli anziani soli o i senzatetto in città. «Un'altra accoglienza è possibile insomma - sottolinea Magdaline- e non tutti in Polonia vogliono cacciare i migranti». Basta pensare che Sant'Egidio ha conosciuto questa coppia grazie al messaggio di aiuto pubblicato su Facebook di un passante «che gli aveva dato un passaggio ed era rimasto colpito dalla loro storia».
Da rifiugiato a volontario il passo è breve. Almeno per Gledie Shabani, albanese immigrata in Belgio da bambina con la famiglia, oggi giovane molto attiva nella comunità di Antwerpen. «Noi stiamo bene, abbiamo tutto, loro nulla- dice- come si fa a rimanere inermi? Io debbo restituire con il mio impegno tutto il bene che ho ricevuto in passato. Dovrebbe invece vergognarsi chi dinanzi alla sofferenza non fa nulla». Quando è arrivata lei ad Anversa, lo Stato gli ha permesso «di studiare le lingue, di avere un futuro migliore. Adesso perché tanto egoismo?». In realtà i belgi oggi non capiscono, secondo lei, «che accogliere non significa togliersi qualcosa, ma avere di più perché insieme si cresce». Proprio come questi mille ragazzi provenienti da tutta Europa faranno nella tre giorni romana «Questa è l'Europa vera - si definisce Tobias Miiller, che arriva da Berlino -: giovani che con il proprio servizio cercano di risolvere quello che l'Ue considera una seccatura». I migranti infatti, questa la sua esperienza in Germania, «ci aiutano a capire i problemi del mondo attraverso le loro storie, ci insegnano ad essere comunità, a non avere paura dell'altro e a sentirci figli della stessa umanità.


[ Alessia Guerrieri ]