Le incognite sul futuro delle chiese ortodosse

Le incognite sul futuro delle chiese ortodosse

Il cristianesimo in Ucraina, il più grande nell’Est dopo quello russo, è diviso. In una stagione ecumenica gli scismi sembravano archiviati, ma lo scontro è grave

Dal Corriere della Sera DEL 17 SETTEMBRE 2018 (VERSIONE ONLINE)

Mentre in Occidente il cristianesimo è agitato dagli scandali di pedofilia del clero e dal dibattito su sovranismi e la questione dei migranti, in Oriente si sta consumando uno «scisma» tra gli ortodossi russi (150 milioni su 300 milioni di ortodossi) e il patriarcato di Costantinopoli, il Fanar, prima sede dell’ortodossia. In una stagione ecumenica, gli scismi sembravano archiviati; ma lo scontro è davvero grave, perché è in gioco la sorte dell’ortodossia in Ucraina. Non si dimentichi che la crisi politica in Ucraina, nel 2013, iniziò per l’accordo doganale e commerciale con l’Unione Europea, quindi uno spostamento del Paese ad Occidente.

Oggi, il cristianesimo in Ucraina, il più grande nell’Est dopo quello russo, è molto diviso. Oltre ai greco-cattolici (hanno lo stesso rito degli ortodossi, ma sono uniti a Roma), ci sono ben tre Chiese ortodosse con la stessa liturgia: quella ucraina unita al patriarcato di Mosca con 12.000 parrocchie e 200 monasteri; quella autocefala, ricostruita nel 1990 sull’onda del risveglio nazionale, con 1.167 parrocchie; il cosiddetto patriarcato di Kiev, legato alla persona di Filaret, uomo del regime sovietico, poi scomunicato da Mosca (con 5.167 parrocchie). Le Chiese ortodosse e Costantinopoli hanno finora riconosciuto, come canonica, solo la Chiesa ucraina legata a Mosca.

Gli ortodossi filorussi sembrano maggioritari ma, in questi ultimi tempi di acceso nazionalismo e di guerra nel Donbass, non sono mancate azioni denigratorie contro di loro come «agenti di Mosca» e spostamenti di fedeli. Molti ucraini però si sentono legati al patriarcato russo; altri rivendicano una Chiesa nazionale e autocefala, a partire dal fatto che ormai l’Ucraina è indipendente. Recentemente il presidente ucraino, Poroshenko (peraltro un fedele della Chiesa russa) si è recato al Fanar, a Istanbul, e ha chiesto al patriarca Bartolomeo l’autocefalia — l’indipendenza — per l’ortodossia ucraina. Anche il Parlamento ucraino ha votato in questo senso. È pure l’orientamento delle due Chiese ucraine non legate a Mosca. Poroshenko ha dichiarato: «come nel caso dell’adesione alla Nato e all’Ue, non chiederemo il permesso a Vladimir Putin o a Kirill».

Il patriarcato di Mosca, guidato da Kirill, ha ribadito che l’unica Chiesa ortodossa in Ucraina è quella legata a Mosca (la quale ha già dato una forte autonomia ai suoi fedeli ucraini). I rapporti di Mosca con Bartolomeo non sono semplici, soprattutto dopo il rifiuto dei russi di partecipare al Concilio panortodosso di Creta nel 2016, cui Costantinopoli teneva molto. Il 31 agosto scorso, però, il patriarca Kirill con un gesto di apertura si è recato da Bartolomeo a Istanbul. Sembrava una svolta. Bartolomeo è, da parte sua, convinto di giocare un ruolo nella riunificazione ortodossa in Ucraina. Già ha accolto nella sua giurisdizione gli ucraini ortodossi degli Stati Uniti e del Canada. Kirill è fermamente deciso ad evitare una mutilazione di una parte storica della sua Chiesa.
Bartolomeo, dopo la visita di Kirill, ha nominato due esarchi (rappresentanti) in Ucraina per riunificare gli ortodossi e andare all’autocefalia. Un suo intervento diretto in Ucraina è, per Mosca, un’azione indebita nel suo territorio canonico russo. Il patriarcato di Mosca è stato diretto: «la piena responsabilità per tali atti anticanonici è tutta da attribuire personalmente al patriarca Bartolomeo». Il Fanar ha fatto valere un motivo storico: nel 1686, quando la Chiesa ucraina passò da Costantinopoli a Mosca, si sarebbe trattato di un fatto temporaneo. Mosca non accetta la ricostruzione e ricorda come la storia ha unito russi e ucraini. Sembrano discussioni «bizantine», ma una grave tensione si sta aggiungendo alla crisi ucraina.

Per Mosca la scelta di Bartolomeo «minaccia di uno scisma l’ortodossia universale». Le Chiese ortodosse nel mondo si divideranno. Già i serbi sono con Mosca. Tra l’altro, temono che anche in Macedonia (dopo gli accordi tra questa e la Grecia) possa essere riconosciuta una Chiesa autocefala. Viene da chiedersi se Putin, così attento all’ortodossia, e Erdogan, sul cui territorio si trova il patriarcato di Costantinopoli, eventualmente interagiranno sulla questione religiosa ucraina. Anche se ora la Siria sta dividendo i due leader.
Una mediazione di papa Francesco non è all’orizzonte, anche perché egli si è sempre astenuto dall’interferire nei problemi tra ortodossi, convinto che essi abbiano una loro logica. Certo è che il XXI secolo, segnato da una globalizzazione unificante, è anche all’insegna di divisioni tra cristiani.

Dal Corriere della Sera DEL 17 SETTEMBRE 2018 (VERSIONE ONLINE)


[ Andrea Riccardi ]