Semina dialogo, raccoglierai pace

Quando le religioni uniscono
Una riflessione a margine dell'evento promosso dalla Comunità di Sant'Egidio

Ponti di pace. È il titolo dell'incontro che la Comunità di Sant'Egidio insieme alla diocesi di Bologna organizza nel capoluogo emiliano in continuità con lo spirito di Assisi, del primo grande incontro voluto da san Giovanni
Paolo II nel 1986.
Bologna è conosciuta come la città delle torri. Ne conserva ancora alcune, eleganti e coraggiose, ardito simbolo dell'intelligenza dell'uomo e in realtà del suo desiderio di cielo. Ma non si può vivere chiusi nelle torri e le città non possono essere un insieme di individui isolati. Per questo Bologna ha le sue arterie vitali nei portici, che proteggono tutti e fanno sentire a casa ciascuno, chiunque esso sia. È la sua identità più profonda, in realtà quella che deve avere ogni città. I portici sono da sempre, possiamo dire, i

suoi ponti, che uniscono e permettono incontro e dialogo. Nei portici il privato e il pubblico si uniscono: entrano nelle case e anche nella manutenzione sono affidati alla responsabilità degli abitanti! È proprio vero, infatti: non si è spettatori della vita e la pace, come la città degli uomini, richiede il personale coinvolgimento!
Bologna è una città con radici cristiane antiche e accoglie tutti proprio per questo. Se non si cerca la pace questa è minacciata. Il male vuole rubare le parole alle religioni, con quella bestemmia che è il terrorismo e il fondamentalismo. L'inimicizia è sempre diabolica e il seme della divisione, fosse solo nell'uso delle parole, è in maniera inquietante fecondo e porta frutti di sofferenza per altri. La scelta è seminare l'incontro, la conoscenza, l'amicizia e il dialogo.
Dialogo non è una parola pericolosa o ingenua! È pericoloso piuttosto quando non si parla! Sappiamo che non è facile, ma sappiamo che è l'unica via. Bologna è una città e una Chiesa piena di ferite, come tutte le città. Non vuole dimenticarle, perché la sofferenza non deve dividere o nutrire la vendetta e l'odio ma renderci più umani e più vicini agli uomini che oggi soffrono. Ricordo tra tutte Marzabotto, qui vicino, dove nell'ultima guerra mondiale furono uccise 770 persone, di cui 217 bambini. Pensiamo a loro, simbolo di tutte le vittime e di tutte le stragi, molte delle quali si consumano nel silenzio e senza immagini.
In questo anno nel quale ricorderemo la fine della Prima guerra mondiale, non possiamo accettare mai la guerra, convivendo con i pezzi di quella guerra mondiale combattuta in molti Paesi. In un bosco vicino a Marzabotto è stato costruito un piccolo 
santuario dedicato a Maria, memoria che ci ricorda anche tutte le madri che piangono i figli uccisi dalla violenza degli uomini. È l'unico che conosca dove sono conservati insieme i simboli dei vari combattenti, allora nemici. Una lapide motiva una scelta così coraggiosa: «Riconciliati nella morte».
Sì, perché in realtà l'uomo uccide ma vuole vivere. Per vivere, per costruire portici di pace che proteggano, per riconciliarci in vita, perché nessun Abele muoia per mano di suo fratello, per i nostri i nipoti, perché sogniamo che sia possibile abolire la guerra, chiediamo a Dio, il cui nome è pace, di ispirare scelte, convinzioni, intelligenze, soluzioni perché nella nostra casa comune gli uomini si esercitino nell'arte del vivere insieme, l'arte che rende ogni uomo quello che è: figlio di Dio.


[ Matteo Zuppi ]