Se gli invisibili alzano la voce nella città indifferente

Dal primo gennaio 2019 sarà a rischio l’assistenza socio-sanitaria per i degenti, i disabili, i tossicodipendenti e i malati psichiatrici che sono curati nelle strutture dell’Asl Napoli 1. Ad oggi non è chiaro come  si intenda assistere, a partire dal nuovo anno,  le persone deboli che hanno bisogno di fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali e operatori  socio-sanitari, cioè di chi deve provvedere ai bisogni primari come l’igiene personale, la rilevazione di parametri vitali o altre mansioni essenziali, come  il disbrigo di pratiche burocratiche,  piccole medicazioni, fino al trasporto materiale dei pazienti all’interno di ospedali e centri diurni.
Per questo ieri sono scesi in piazza a Napoli gli operatori sociali del terzo settore che attualmente svolgono questi servizi e che temono di perdere il posto di lavoro. Si parla di cinquecento persone che da un giorno all’altro resterebbero senza occupazione. E per simboleggiare i tagli al welfare è stata installata una ghigliottina in piazza del Plebiscito, dove sono state inscenate finte decapitazioni.
Dietro questa operazione sembra ci sia la volontà di voler interrompere il precariato dei  lavoratori senza tuttavia specificare i tempi e i modi di come debba avvenire l’internalizzazione di servizi  e funzioni che sono essenziali per le persone più fragili.
Ora se è vero che vedere prorogato di anno in anno il proprio stipendio non garantisce di programmare in modo stabile la propria esistenza, pensiamo solo alla possibilità di poter acquistare una casa accendendo un mutuo, è anche vero che restare all’improvviso senza occupazione diventerebbe una condizione drammatica e insopportabile.
La riduzione di queste prestazioni è prevista con tempi e modi differenti anche nelle altre aziende sanitarie della regione, e potrebbe riguardare oltre duemila addetti. Si tratterebbe di un progressivo ridimensionamento operativo e culturale  che cancellerebbe un patrimonio di conoscenze e di buone pratiche nei servizi alla persona costruito nell’arco di alcuni decenni. In questo modo si rischia di ritornare a percorsi istituzionalizzanti che sembravano ormai superati , con un grande costo sociale ed economico.
Mentre a livello nazionale assistiamo a continui tagli al sistema sanitario che stanno penalizzando soprattutto il Sud, con una ricaduta sulla qualità e sulla continuità dell'offerta di servizi. Se si aggiunge la mancanza di misure di contrasto alla povertà, sempre più persone sono spinte sulla soglia della povertà e della marginalità sociale.
Bisogna anche dire che in questi anni si è parlato poco della condizione delle persone fragili che vivono nella nostra città. Non sono un tema che tira. Va bene aprire complessi d’arte o allestire kermesse culinarie, tuttavia non possono essere dimenticati i tanti poveri che popolano le strade e i quartieri cittadini. L’unica inaugurazione fatta, quella di un centro di accoglienza per i senza fissa dimora nell’Albergo dei Poveri , non accoglie ancora nessuno. Di fronte ai tagli del governo centrale si è messa la testa sotto la sabbia, senza cercare soluzioni assistenziali nuove e buone pratiche innovative. Penso soprattutto agli anziani che diventano sempre più soli, malati e poveri.  Eppure aumenteranno fino a far diventare, tra qualche decennio, la Campania come una delle regioni più vecchie d’Italia. Rassegnazione e impotenza impediscono di affrontare  alcun dibattito pubblico o iniziativa per discutere della fatica di vivere la terza età. Eppure i vecchi li abbiamo in quasi tutte le nostre famiglie.   Di fronte alla politica dei tagli e all’impoverimento dei servizi domiciliari, dovremo dar voce ancora di più a quella protesta silenziosa che si alza dai letti degli ospizi o nella solitudine delle case ingiallite e piene di ricordi. Gli ultimi anni della la vita non sono come  la fiammata che brucia e lascia inutile e triste cenere, ma la brace, che dura a lungo e riscalda.


[ Antonio Mattone ]