Ottomila poveri e altri dodicimila sono in attesa di casa popolare

Sant'Egidio

«A fronte degli sgomberi è necessario costruire alternative - osserva don Marco Gnavi, il parroco di Santa Maria in Trastevere - occorre offrire contemporaneamente delle soluzioni alle persone». Altrimenti la sacca della "povertà estrema" è destinata a ingrossarsi. Attualmente a Roma vivono 8mila persone senza dimora, stima la comunità di Sant'Egidio, in 3mila trascorrono le notti all'aperto, altre 2.500 provano a ripararsi negli edifici abbandonati come la ex fabbrica della Penicillina sgomberata ieri, altrettante si rivolgono ai centri per l'accoglienza notturna. Il fenomeno, complice la cattiva congiuntura economica, non accenna a decrescere.
Lo raccontano i volti, le parole dei poveri assistiti dalla comunità di 
Sant'Egidio che ieri ha presentato la 29esima guida a loro dedicata (stampata in 10mila copie): 257 pagine organizzate in 13 sezioni per indirizzare chi non ha più una casa alle 42 mense cittadine, ai 43 centri notturni (35 gestiti dal privato sociale) ai 37 luoghi dove curarsi e ai 29 punti dove poter fare una doccia calda in città. Sono elencati anche i centri di ascolto e assistenza specialistica, gli sportelli per rifare i documenti e la residenza.
La comunità di 
Sant'Egidio ha istituito anche un numero telefonico (06.4292929) al quale si può rivolgere chi si trova in difficoltà e al quale si possono segnalare casi di persone bisognose d'aiuto. «Questo numero è importantissimo - osserva Sergio 76 anni, un senza dimora livornese - lavoravo come tecnico di raffineria in Arabia Saudita - racconta - nel '99 ho perso i genitori e ho mollato tutto. Sono arrivato a Roma e ho iniziato a fare la vita di strada». Grazie alla Comunità adesso ha un tetto a Monteverde ed è impegnato come volontario.
Ma a Roma, ricorda 
Sant'Egidio, altre 25mila persone vivono nelle occupazioni abusive, 12mila aventi diritto aspettano ancora l'assegnazione della casa popolare.


[ Luca Monaco ]