Andrea Riccardi: "Il mio amico Paolo che aveva dedicato tutta la sua vita alle periferie"

Intervista

Professor Andrea Riccardi, conosceva Paolo Dieci?
«Certo. Conoscevo la sua formazione cattolica, l'adesione alla fine degli anni Settanta al gruppo Febbraio 74 fondato a Roma sull'onda di un convegno della diocesi. Ho visto Dieci lavorare nelle periferie della capitale ed entrare nella cooperazione, questione vicina alla mia Comunità di 
Sant'Egidio. Poi l'ho visto fondare il Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli».
Da ministro ha lavorato con lui.
«Nel 2012, Governo Monti. Vorrei dire che sono stato ministro di una cosa unica nella storia della Repubblica italiana: cooperazione internazionale e integrazione, insieme. Così si chiamava il ministero. In quegli anni di forti tagli riuscimmo a raddoppiare la spesa pubblica nei due settori».
Il ruolo di Paolo Dieci?
«Fu attore decisivo nell'organizzare la tavola rotonda che consentì alla cooperazione di tornare in primo piano. C'era Graziano Del Rio, a quel convegno. Il sindacalista Bonanni. Dieci, portavoce esistenziale del Sud del mondo, fece arrivare a Roma quella voce».
Era un uomo mite.
«Senza alcuna aggressività, ma ostinato. Arrivava sempre al risultato. Era risoluto, capace di mediazione, preparato sugli argomenti che affrontava. Non era un lobbista parolaio, piuttosto uno che non mollava. Un'avanguardia, soprattutto. Aveva capito, e lo aveva provato sulle sue ossa nei cinque anni vissuti in Etiopia, che per l'Italia la cooperazione era un interesse pri
mario».
Significava, si direbbe oggi, aiutarli a casa loro.
«Preferisco un altro slogan: globalizzazione solidale. Una cosa che non si riesce a capire è che quelli come Paolo Dieci, un pugno di eroi, non hanno paura del futuro. Sono persone buone ed efficaci, certo, non fanno prediche e non temono le situazioni difficili, ma la loro differenza è che sanno che la nostra Italia estroversa è davvero adatta al mondo globale. I buonisti, ora li chiamo anch'io così, rivelano un'intelligenza più profonda di chi sta sulla difensiva».
La cooperazione è stata messa in discussione più volte. Tangentopoli, la spending review, recenti scandali. E oggi sul Paese soffia un vento anti-Ong.
«A volte è stata contigua con la politica, spesso è stata giudicata come uno strumento per ingrassare i dittatori locali. La verità è che la cooperazione attraversa in pieno il tema dell'immigrazione. Lo sa che cosa aveva capito Dieci?».
Che cosa?
«Che non basta la miseria per trasformare un uomo in un migrante. Quell'uomo si mette in marcia solo quando perde ogni speranza nel suo Paese».


[ Corrado Zunino ]