«I clochard sono ancora più isolati»

«I clochard sono ancora più isolati»

Le notti sulle strade dei volontari della Comunità di Sant'Egidio: arriva meno cibo a chi ha bisogno

«Ci troviamo davanti a persone disorientate, che si sentono ancora più isolate». L'emergenza coronavirus non ha fermato le unità di strada della Comunità di Sant'Egidio, che hanno moltiplicato gli sforzi per aiutare i più deboli. Un centinaio di volontari sulle strade di Milano coordinati da Ulderico Maggi, presidio per due sere alla settimana nei luoghi frequentati dai senzatetto. Punto di riferimento in strade svuotate dal coronavirus, in una Milano spettrale dove chi soffre rischia di finire ancora più ai margini.
Ulderico Maggi, cosa è cambiato nella vostra attività?
«Siamo rimasti sulle strade come sempre, con tutte quelle misure di sicurezza previste dalle ordinanze, come guanti e mascherine. In questi giorni è necessario anche porre particolare attenzione all'aspetto psicologico».
Perché?
«Sulle strade arrivano le notizie sul coronavirus, i senzatetto si tengono informati, ad eccezione di chi ha gravi problemi psichici, di alcolismo o tossicodipendenza. Arrivano però notizie scomposte, la percezione della realtà è diversa dalla nostra. C'è il tam tam ma anche i giornali e internet, ormai numerosi senzatetto hanno la possibilità di accedere alle notizie. Noi cerchiamo di rassicurarli e di fornire loro, come sempre, quelle indicazioni sui comportamenti da tenere per l'igiene personale, ai quali ora si aggiungono anche le prescrizioni anti-coronavirus».
Vi sono capitati casi sospetti?
«Per ora no, fortunatamente. Chi vive per strada è più esposto al rischio di malattie ma forse ha anche gli anticorpi per affrontarlo. Ma non vorrei addentrarmi in discorsi su una materia che non è di mia competenza: sono un pedagogista, non un medico. Finora abbiamo cercato di agire con buon senso, cercando di non far sentire le persone ancora più isolate».
Quando si crea un allarme sociale di questo tipo quali sono i rischi?
«Che ci siano ancora più discriminazioni verso chi è più povero, che si trova di fronte a nuovi problemi da affrontare. È possibile, ad esempio, che chi chiede l'elemosina sulla strada non riceva più nulla perché le persone hanno paura ad avvicinarsi. Ma il coronavirus non è stato certo diffuso dai senzatetto».
Ci sono stati problemi anche nell'approvvigionamento del cibo?
«Nella maggior parte dei casi le mense dei poveri hanno continuato a funzionare, magari distribuendo il cibo in un sacchetto ed evitando contatti diretti. Però abbiamo notato che in questi giorni alcune persone che seguiamo ci dicono di avere fame, di aver avuto problemi a trovare da mangiare. Cosa che in condizioni normali non succede. Forse è dovuto al fatto che altri volontari hanno ridotto la loro presenza, perché nonostante la corsa ai supermercati il cibo è rimasto in circolazione come sempre. Abbiamo cercato di porre rimedio aumentando l'impegno con le unità di strada e cercando di stare vicini a chi ha problemi».
Ci sono stati vostri volontari che, in attesa che passi l'emergenza, hanno preferito rimanere a casa e sospendere l'attività?
«Per ora nessuno. Abbiamo un centinaio di persone che a turno lavora nelle unità mobili. Tutti sono regolarmente in servizio, offrendo il loro tempo a seconda dei loro impegni. Cerchiamo di non farci spaventare e di agire, pur con tutte le precauzioni opportune, con razionalità e buon senso»
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FOTO CORRIERE DELLA SERA


[ Andrea Gianni ]