L'Africa teme l'arrivo del picco a metà maggio

Dalla Comunità di Sant'Egidio un piano per il sostegno del Continente stretto tra virus e povertà
«Picco in Africa da metà maggio» È l'allarme lanciato dalla Comunità di Sant'Egidio, in prima linea contro l'epidemia nel Continente Il presidente Impagliazzo: «Abbiamo il dovere di aiutare questi Paesi che hanno strutture più fragili»

La pandemia non ha ancora colpito i Paesi africani come l'Occidente. Ma il timore è che il peggio debba ancora arrivare per servizi sanitari spesso insufficienti per l'ordinario. Mentre l'Organizzazione mondiale della sanità calcola per l'Africa 34.610 casi di Covid-19 - 11.180 guarigioni e 1.517 decessi- «il picco nel continente africano arriverà dopo la metà di maggio», avverte il presidente della Comunità di Sant'Egidio Marco Impagliazzo. E per questo annuncia la mobilitazione dei 10mila volontari e operatori sanitari dei Programmi Dream della Comunità, attivi da vent'anni in diversi Paesi africani contro Hiv, Tbc, Ebola e malaria. «La pandemia di Covid-19 sta mostrando che siamo tutti nello stesso mare in tempesta dice Impagliazzo - ma i Paesi africani sono su barche più fragili e dobbiamo aiutarli». Dalla Sala della Pace della sede trasteverina della Comunità, la stessa in cui sono stati firmati molti trattati di pace di Paesi africani ed è stato avviato proprio il programma Dream anti-Hiv in Mozambico, il presidente di Sant'Egidio lancia in videoconferenza un allarme e un appello.
«Noi sappiamo che il virus è arrivato in Africa piuttosto in ritardo. Per ora i numeri della pandemia sono abbastanza contenuti, ma la mortalità è più alta che in Occidente e arriva al 5%». Molti Paesi africani sono infatti privi di una vera e propria struttura di welfare. «Ogni paese oggi è concentrato sui propri problemi, giustamente, ma dobbiamo dare una mano alle strutture più fragili delle nostre».
Per i Paesi africani che in questa emergenza sanitaria dunque rischiano molto di più, Sant'Egidio mette a disposizione la presenza capillare della Comunità in Africa, il suo patrimonio di risorse umane e materiali. E apre una sottoscrizione, perché il picco in arrivo nel continente africano «può colpire in maniera sproporzionata» in paesi sprovvisti di strumenti per curare i malati di Coronavirus: «In Togo - spiega Impagliazzo - ci sono solo 4 respiratori, in Burkina Faso 15 posti in terapia intensiva». Quasi tutti i Paesi africani hanno già varato misure più o meno stringenti di lockdown, in 34 esiste anche un coprifuoco di notte.
La rete di sanitari e volontari di Sant'Egidio già opera in numerosi Paesi africani nell'ambito del Programma Dream, avviato vent'anni fa in Mozambico per contrastare l'Aids, poi esportato e ampliato nella lotta alla tubercolosi, a Ebola, alla malaria. «Già sono in funzione programmi per la distribuzione di generi di prima necessità, per la messa in sicurezza del personale sanitario con camici, guanti, mascherine, visiere».
Per la tubercolosi poi si applicano procedure di contenimento simili a quelle richieste oggi contro il Covid-19: anche la Tbc infatti si diffonde attraverso i droplets, le goccioline di saliva. «In alcuni Paesi - spiega il presidente di Sant'Egidio - già adottiamo il distanziamento e le mascherine, in Guinea abbiamo utilizzato in passato screening per i malati di Ebola simili ai test per l'individuazione del Covid. I nostri operatori sanitari, medici e personale paramedico hanno familiarità con questi equipaggiamenti protettivi, dai camici monouso, alle mascherine chirurgiche e Ffp2, e con i test». Inoltre, aggiunge, «la buona notizia è che i nostri 25 laboratori di biologia molecolare sparsi in dieci Paesi africani sono dotati di infrastrutture già in grado di effettuare i test per il Covid-19».
Volontari e membri locali di Sant'Egidio poi «provvedono in molti Paesi alla consegna di medicinali, nel caso dell'Hiv, per i prossimi tre o sei mesi», per assicurare gratuitamente le cure necessarie evitando viaggi e spostamenti forieri di ulteriori contagi. Il fatto che l'Africa abbia una popolazione giovane «è un fattore frenante per la diffusione del virus - ricorda Impagliazzo - ma la barriera dell'età è solo un aspetto della prevenzione».


[ Luca Liverani ]