Senza anziani e senza passato, non c'è futuro

L'appello

 "Senza anziani non c'è futuro". Questo è il titolo dell'appello internazionale che la Comunità di Sant'Egidio ha lanciato in questi giorni, nato dal dolore per le tante morti di anziani a causa del covid-19, soprattutto negli istituti, in Italia e in Europa. In questi tre mesi abbiamo assistito con sconcerto alla scomparsa di donne e uomini appartenenti a quella generazione che aveva vissuto il trauma della guerra e lottato per la ricostruzione del nostro Paese. È la perdita di un patrimonio inestimabile di affetti, memoria, saggezza di cui avrebbero potuto ancora godere soprattutto i più giovani.
Il testo dell'appello, sottoscritto tra gli altri da Andrea Riccardi, Romano Prodi, Giuseppe De Rita e Jùrgen Habermas, esprime la preoccupazione che stia prendendo piede in numerosi Paesi un modello pericoloso che privilegia una `sanità selettiva`, che considera residuale la vita degli anziani: "la loro maggiore vulnerabilità, l'avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbero una forma di `scelta` in favore dei più giovani e dei più sani". Per questo occorre ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure. Nessuno `stato di necessità` può legittimare una deroga ad essi.
L'appello si rivolge a tutti, cittadini e istituzioni, per un deciso cambiamento di mentalità nella cura agli anziani, che porti a nuove e più articolate iniziative per raggiungere e curare con efficacia tutti e per superare l'istituzionalizzazione. Occorre anzitutto sostenere il desiderio di rimanere a casa, potenziando i servizi di assistenza territoriale e inserendo gli anziani in reti di socialità più fitte. È necessario investire sulle cure domiciliari perché va rispettata la volontà degli anziani ai vivere e morire a casa propria. Perché questo sia considerato un diritto. E le famiglie in questo devono essere sostenute. La ricerca di nuovi modelli di assistenza trova conferma anche nelle indagini più recenti sull'evoluzione demografica del nostro Paese: occorre tener conto che gli anziani di domani saranno con ogni probabilità più benestanti, più istruiti, mediamente ancora coniugati e proprietari di casa. Ci sono già esperienze di integrazione socio-sanitaria che hanno dato ottimi risultati sul piano sia della qualità di vita sia della morbilità, ossia dell'incidenza delle malattie sulla popolazione, e della mortalità. La regione Veneto, anche per la sua configurazione territoriale, si presta ad essere un modello di innovazione sociale. Quattro sono gli elementi di una progettualità socio-sanitaria territoriale di successo: l'infermiere di comunità; un robusto servizio sociale che provveda a sostenere lo svolgimento delle attività della vita quotidiana; un servizio di telemedicina in grado di ridurre l'accesso ai servizi ospedalieri senza compromettere la qualità delle cure; un sostegno informatico in grado di facilitare i processi di integrazione tra i diversi servizi ed il dialogo tra i diversi attori come pure con gli utenti stessi. Progetti pilota possono attivarsi rapidamente: è richiesto un atteggiamento pro-attivo dei servizi per andare a cercare le persone e valutare il loro grado di fragilità e proporre azioni di prevenzione.
L'
appello promosso da Sant'Egidio chiede di "dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l'accesso alle cure per tutti". Questa crisi porta con sé una grande opportunità di trasformazione. E' giunto il tempo che trovi finalmente realizzazione una ricca riflessione sulla domiciliarità come luogo della cura e della protezione che matura da anni.


[ Alessandra Coin ]