Tra i nuovi poveri in coda per il pane «Cinquemila pacchi alimentari al mese»

Sant'Egidio ha moltiplicato gli sforzi e i centri di distribuzione per fronteggiare le richieste di pasti caldi e beni di prima necessità. La pandemia fa aumentare le richieste di aiuto. Pensionati, disoccupati e anche ex prostitute per un pasto caldo come in guerra

Il Covid deflagra anche dove c'è la sicurezza di un lavoro. La crisi è talmente grave e sistemica che non risparmia nessuno. Lo si legge negli occhi stanchi e disperati di chi, in cerca anche di un solo pezzo di pane come ai tempi della guerra, attende il proprio turno nel centro di distribuzione dei pacchi alimentari di Sant'Egidio, in via delle Fontane, nel cuore della città.
Maria è una dipendente del Comune di Genova. Ha 51 anni, due figli trentenni e uno stipendio di circa 1500 euro. Prima che arrivasse la pandemia riusciva ad andare avanti in maniera dignitosa, anche perché i suoi figli avevano un lavoro stabile. Uno faceva il cuoco, l'altro il traslocatore. Il virus ha cambiato tutto. «Adesso devo mantenerli entrambi perché hanno perso il posto. Sono preoccupata perché da sola non ce la faccio, nonostante abbia un impiego e un reddito sicuri».
Ogni mese Sant'Egidio distribuisce 5 mila sacchetti della spesa. Prima dell'epidemia ne venivano consegnati mille. Basta questo dato per capire come è cambiata la situazione, in peggio. «L'aumento di richieste di aiuto ha mandato all'aria la sostenibilità dell'operazione, che si regge sulla fornitura di generi alimentari da parte dell'Unione Europea - dice Maurizio Scala, responsabile del progetto di assistenza - Ora dobbiamo trovare ogni mese 38 mila euro per mandare avanti la mensa e il servizio di distribuzione».
La domanda è: se non ci fosse il Terzo settore a dare una mano, come potrebbero sopravvivere le 2500 famiglie che dalla primavera scorsa si rivolgono ai centri di Sant'Egidio o i circa 650 indigenti che quotidianamente mangiano nella mensa di piazza Santa Sabina? Difficile rispondere.
Prima della pandemia a chiedere sostegno erano per lo più gli "invisibili", persone piegate da anni di completa emarginazione. «Oggi non è più così - spiega Scala - Viene da noi anche chi, finora, non
aveva avuto problemi. Molti sono italiani di mezza età. Alcuni chiedono addirittura solo il pane: un dato sconcertante che deve farci riflettere».Chiunque, da un giorno all'altro, può trovarsi in difficoltà. Come Paola, 57 anni, estetista, titolare fino al 2019 di un negozio nel quadrilatero: «Stavo bene. I miei problemi economici sono iniziati prima del Covid. Il lockdown mi ha sorpresa mentre stavo riorganizzando l'attività. Ho perso tutto».
Al centro di via delle Fontane si accede dal retro. Decine di persone, prima di entrare, attendono il proprio turno, assistite dai volontari. Gli angeli della solidarietà misurano le temperature, danno parole di conforto. Tanti sono giovani: «Ho 25 anni - dice Antonino Aiuto, ingegnere - Faccio volontariato perché queste persone cercano una speranza, proprio come me». I pacchi alimentari sono un punto fermo in un mare di difficoltà. Contengono beni di prima necessità.
Chi arriva per la prima volta è disorientato. E si ferma agli sportelli di accoglienza. Come Amina: «Ho 22 anni, un figlio piccolo. Io e mio marito siamo troppo giovani per non avere un lavoro, ma è così. Aiutateci». È il turno di Daniela, 49 anni, due bambini da sfamare: «Sono disoccupata. Vado avanti con l'assegno di accompagnamento di uno dei miei figli, disabile».
Per affrontare l'emergenza Paolo, 60 anni, falegname, divide quel che ha con un vicino di casa: «Lui ha 75 anni e condivide la sua pensione. Io recupero beni di prima necessità». Anche Carla, 55 anni, ha trovato un sostegno, nel suo quartiere: «Lavoravo in una ditta di serramenti, ora fallita. Mi vergognavo, non sapevo a chi chiedere aiuto. Sono stati i colleghi a indirizzarmi qui». Flora ha 35 anni, una figlia piccola e un'enorme incognita sul futuro: «Facevo la vita nei momenti di difficoltà. Ma oggi non è più possibile. Le prostitute si contendono i pochi clienti rimasti. Anche in quell'ambiente ora si fa la fame».
Nel buio della disperazione restano i sorrisi dei volontari, l`altro volto dell`epidemia. Il caloroso abbraccio di una comunità che resiste. 


[ Pablo Calzeroni ]