Le fedi dopo la pandemia «Ricominciamo insieme»

Le fedi dopo la pandemia «Ricominciamo insieme»

"Vorrei paragonare il nostro convegno a ciò che la tradizione orientale definisce come Sinodo: il camminare insieme. Non stiamo discutendo questioni dottrinali o dogmatiche, ma più semplicemente del nostro futuro, del
futuro dei giovani e del mondo". Marco Impagliazzo spiega così il compito, semplice e ambizioso, dell'incontro internazionale di dialogo tra le religioni "Popoli fratelli, Terra futura".
A ospitare l'assemblea di apertura del convegno - che da 35 anni rinnova lo spirito di Assisi del meeting ideato da Giovanni Paolo II - le architetture modernissime della Nuvola a Roma. Il presidente della Comunità di Sant'Egidio introduce gli ospiti arrivati a rappresentare la tradizione cristiana orientale, l'ebraismo, l'islam, l'anglicanesimo.
Piena la sintonia 
sulla necessità di unirsi per progettare un futuro comune post-pandemico sui binari indicati da papa Francesco nelle encicliche Fratelli tutti e Latidato si`. «C`è bisogno di ricominciare su nuove basi - esorta Impagliazzo - per non sprecare l'occasione di questa crisi mondiale, perché diventi un nuovo inizio e non una storia di degrado o peggio ci separi gli uni dagli altri. Qui c'è la nostra responsabilità, come singoli e come comunità di uomini e donne di fedi diverse. Ricominciamo insieme».
Cominciando, per esempio, a farsi carico di chi fugge da guerre e persecuzioni. Proprio dei corridoi umanitari promossi da 
Sant'Egidio assieme alle Chiese evangeliche (esperienza analoga a quella promossa dalla Cei) parla la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, che col ministero degli Esteri, collabora al progetto che ha permesso l'accoglienza e l'integrazione di 2mila profughi. «Una felice esperienza - la definisce la ministra - e senz'altro una delle migliori pratiche a livello mondiale nel vasto campo dell'immigrazione e dell'integrazione». Un processo che interpella anche il governo «che ha nella coesione sociale una delle sue fondamentali missioni istituzionali». E ricorda l'esistenza presso il Viminale dalla Consulta per l'islam «per ricercare le strade di una pacifica convivenza».
Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, pone un interrogativo ineludibile: «Dopo questa pandemia vogliamo conoscerci, comprenderci e rispettarci? Vogliamo dare una nuova possibilità ai popoli del mondo di vivere con giustizia e in pace, salvaguardando la creazione? Se 
no, le conseguenze saranno peggiori di ciò che abbiamo lasciato».
È l'arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana a ricordare che «con la pandemia abbiamo percepito il senso della nostra fragilità- dice l'arcivescovo Justin Welby - e gli idoli del nostro tempo, salute ed economia, sono stati rovesciati. Gesù raccomanda di costruire sulla roccia, non sulla sabbia. Se non ripartiremo da un accesso equo ai servizi sanitari e ai vaccini per tutti, pagheremo cara in futuro questa scelta». Fermare il cambiamento climatico  Welby significa anche evitare che «i profughi da 80 milioni diventino un miliardo, in fuga da aree troppo calde».
Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini europei, ricorda che il conflitto tra religioni affligge l'umanità dall'alba dei tempi: «La Torah ci trasmette la storia dei due fratelli, Caino e Abele, che cercavano di costruire un rapporto esclusivo con Dio, provocando un conflitto culminato nell'assassinio e nell'esilio. E l'epoca delle guerre di religione non si è conclusa». E se c'è una cosa che questo virus ha insegnato al mondo, «è la totale interdipendenza dell'umanità. Anche se i i Paesi ricchi vaccinassero tutti i loro cittadini, ignorando il Terzo mondo, una nuova variante proveniente da lì potrebbe rendere il loro vaccino irrilevante e ob
soleto».
Lo sheik vicario del grande imam di al-Azhar, Mohamed al-Duwaini, sottolinea come il Covid19 abbia «colto tutti di sorpresa» dimostrando come «la globalizzazione che divide i popoli è solo un grande inganno, che lo scontro di civiltà è una grande menzogna, che la civiltà non riguarda un popolo ed esclude altri». E allora «noi, figli di questa umanità, abbiamo un'origine comune, anche se le nostre lingue e idee sono diverse, e il dovere di questa umanità universale è che ogni uomo cerchi il bene del mondo intero».
Lo testimonia anche il ministro della Tolleranza e della Convivenza degli Emirati Arabi Uniti, sheik Nayan bin Mubarak Al Nayan. «A testimonianza del nostro impegno abbiamo creato il primo, e unico, ministero della Tolleranza e della Coesistenza del mondo. Ci impegniamo a lavorare con tutti gli individui e con tutte le nazioni per garantire il genuino rispetto e la compassione per la dignità di ogni essere umano e per preservare i diritti umani fondamentali per tutti». Una «nobile ricerca della fratellanza umana» sottoscritta «dal Papa, e da sua eminenza, lo sheykh di al-Azhar, quando hanno rilasciato la dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana nel 2019».

 

 


[ Luca Liverani ]