All'iniziativa di Sant'Egidio il patriarca Bartolomeo, il grande imam al-Tayyeb, il rabbino Goldschmidt

All'iniziativa di Sant'Egidio il patriarca Bartolomeo, il grande imam al-Tayyeb, il rabbino Goldschmidt

Il fatto
Più cibo, meno armi. Dal Colosseo il forte appello del Papa per la pace insieme con i leader religiosi. Le fedi chiamate a «estirpare dai cuori l'odio e condannare tutte le violenze»

Il sogno di una «terra come casa comune, abitata da popoli fratelli», di «religioni sorelle e popoli fratelli!», di «religioni sorelle, che aiutino popoli a essere fratelli in pace, custodi riconciliati della casa comune del creato». Papa Francesco chiude con questa accorata invocazione il discorso che pronuncia nel momento conclusivo dell'incontro internazionale "Popoli fratelli, Terra futura. Religioni e culture in dialogo", il 35° promosso dalla Comunità di Sant'Egidio nello spirito di Assisi, dopo la storica giornata voluta da Giovanni Paolo II nel 1986.
Un discorso potente. Letto davanti al Colosseo dopo un momento di preghiera con il patriarca ortodosso Bartolomeo I e il catholicos di tutti gli armeni, Karekin II. Il Pontefice interviene dopo il fondatore della Comunità Andrea Riccardi, dopo la cancelliera tedesca Angela Merkel, ospite d'eccezione insieme al consorte, dopo il grande imam dell'università di al-Azhar al-Tayyeb (che denuncia l'iniqua distribuzione dei vaccini nel mondo), dopo il presidente della Conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt, presenti all'evento insieme ad esponenti buddisti e induisti.
Francesco ricorda che «la vita dei popoli» non è «un gioco» ma «cosa seria e riguarda tutti», e non si può lasciare «in balia degli interessi di pochi o in preda a passioni settarie e nazionaliste». Sottolinea che è la guerra a «prendersi gioco della vita umana». È «la violenza», è «il tragico e sempre prolifico commercio delle armi, che si muove spesso nell'ombra, alimentato da fiumi di denaro sotterranei». Ribadisce quanto scritto in Fratelli tutti: «La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male». E i rappresentanti delle religioni «sono chiamati a non cedere alle lusinghe del potere mondano», ma a farsi «voce di chi non ha voce, sostegno dei sofferenti, avvocati degli oppressi, delle vittime dell'odio, scartate dagli uomini in terra ma preziose davanti a Colui che abita i cieli». Perché oggi in troppe parti del mondo «anziché prevalere il dialogo e la cooperazione, riprende forza il confronto militare come strumento decisivo per imporsi». In nome della pace il Pontefice esorta a disinnescare in ogni tradizione religiosa «la tentazione fondamentalista» e «ogni insinuazione a fare del fratello un nemico». E lo fa citando un detto dell'imam Ali: «Le persone sono di due tipi: o tuoi fratelli nella fede o tuoi simili nell'umanità».
Ad ascoltare il Papa ci sono numerosi cardinali (Re, Sandri, Ayuso, Bassetti, Kasper, Zuppi, Tolentino de Mendoina, Ouellet, Ouedraogo, Czerny), i ministri Lamorgese e Bianchi, la scrittrice Edith Bruck. Nel discorso richiama l'esortazione che fece nel 2019 ad Abu Dhabi sul compito non più rimandabile che spetta oggi alle religioni: «smilitarizzare il cuore dell'uomo». Il cuore ma anche le mani. Dovere delle religioni infatti è «aiutare a estirpare dai cuori l'odio e condannare ogni forma di violenza». Incoraggiando «con parole chiare» a «deporre le armi», a «ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari», a «convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita», a «costruire compassione». «Meno armi e più cibo, meno ipocrisia e più trasparenza, più vaccini distribuiti equamente e meno fucili venduti sprovvedutamente», è l'appello del Papa.
Infine il richiamo al tempo della pandemia, quando i tanti «si sono malati di dimenticanza, dimenticanza di Dio e dei fratelli». Ciò ha portato «a una corsa sfrenata all'autosufficienza individuale, deragliata in un'avidità insaziabile, di cui la terra che calpestiamo porta le cicatrici, mentre l'aria che respiriamo è piena di sostanze tossiche e povera di solidarietà». Ma in questo clima deteriorato «consola pensare che le medesime preoccupazioni e lo stesso impegno stiano maturando e diventando patrimonio comune di tante religioni. Infatti «la preghiera e l'azione possono riorientare il corso della storia».
Al termine ecco l'accorato appello alla pace letto da una donna afghana appena fuggita dal suo Paese. Un appello a non usare le religioni «per la guerra», a «riprendere presto il processo di disarmo oggi bloccato», a «fermare il commercio e l'uso delle armi», a «far avanzare il disarmo nucleare» perché il proliferare delle armi atomiche «è un'incredibile minaccia».
L'incontro promosso dalla Comunità di Sant'Egidio si chiude con un breve intervento del patriarca Bartolomeo. Poi l'appuntamento per il prossimo anno, per la 36a edizione. Quella che si è appena conclusa, spiega il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo, ha fatto capire che «c'è bisogno di incontrarsi di persona all'insegna del dialogo tra i leader delle diverse religioni per guardare al futuro, ma anche di ascoltare insieme il grido degli ultimi per capire il vero stato del mondo». E in questo quadro «i temi della fraternità universale e della cura dell'ambiente emergono con chiarezza come preoccupazione comune di tutte le religioni e al tempo stesso come via d'uscita dalla pandemia».

 


[ GIANNI CARDINALE ]