Labaro, a San Crispino è centrale il tema dell'ascolto

Il parroco: «C'è chi prima della pandemia stava bene e ora, con dignità, chiede una mano» La solitudine è uno dei problemi del quartiere oltre a quello della povertà economica. Da qui l'impegno di vicinanza a tutti

La visita pastorale di venerdì sera del cardinale vicario Angelo De Donatis nella parrocchia di San Crispino da Viterbo, a Labaro, nel settore Nord della diocesi, è stata vissuta da tutta la comunità come «un impulso e un incoraggiamento per iniziare bene questo speciale tempo del Sinodo», racconta il parroco don Luciano Cacciamani «Specialmente in questo momento storico, quando dopo la pandemia tutto sta ricominciando, anche le nostre attività parrocchiali - continua il sacerdote -, abbiamo accolto davvero con piacere il cardinale De
Donatis, chiedendogli delle indicazioni sul cammino pastorale di quest'anno, per affrontarlo con forza e coraggio, e anche la benedizione ai catechisti che saranno impegnati nei cammini con i bambini e i ragazzi in preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima».
Dopo la celebrazione della Messa, alle 18.30, il vicario del Papa ha incontrato i membri del Consiglio pastorale, «ma non solo - sottolinea il parroco -, perché abbiamo pensato davvero che fosse importante aprire a tutti i parrocchiani che lo desideravano questo tempo di dialogo, perché il tema dell'ascolto sia davvero centrale in questo anno e sia dedicato anche alle persone più semplici e ai lontani».
Quella intitolata al santo originario di Viterbo e appartenente all'Ordine dei Frati minori Cappuccini, «è una parrocchia di periferia ma viva e vivace - mette in luce ancora don Cacciamani -. C'è una buona partecipazione e ci sono diversi gruppi come il Cammino neocatecumenale, che oltre a curare le attività del gruppo delle famiglie porta avanti un percorso dedicato agli adolescenti del post-Cresima, incontrandoli settimanalmente. C'è poi il gruppo del Rinnovamento nello Spirito e quello della Gioventù ardente mariana». Ancora, molto arriva la Caritas parrocchiale, «come pure il gruppo vincenziano e la Comunità di Sant'Egidio - sono ancora le parole del sacerdote - In particolare c'è la necessità di dedicare un ascolto a chi si trova in difficoltà, anche chi prima della pandemia stava bene e che ora, con dignità, chiede una mano».
Rita, della Comunità di Sant'Egidio, che opera nel quartiere fin dal 1979 e cura gli incontri di preghiera in parrocchia oltre alla Messe domenicali delle 9 e delle 17, evidenzia come «la solitudine delle persone, specie le più fragili, rimane uno dei problemi del quartiere oltre a quello della povertà economica aggravata dal Covid». In particolare, guardando alla «povertà relazionale», la volontaria pensa «non solo agli anziani ma anche ai più giovani», considerando importanti le parole del Papa che sostiene che «il mondo ha bisogno di cura e che il farmaco è l'Eucarestia». Da qui l'impegno di vicinanza e attenzione a tutti, «comprese le tante persone straniere e senza fissa dimora che gravitano sul territorio», laddove «le esperienze della storica Scuola della pace e quella più recente di italiano per stranieri ci permettono di intercettare tante realtà, creando amicizie e legami, come quelli con la comunità rumena presente nel quartiere o con due famiglie siriane che grazie all'esperienza dei corridoi umanitari hanno trovato ospitalità nella zona».


[ Michela Altoviti ]