Fraternità e cura del creato

Sant' Egidio. L'incontro internazionale di preghiera per la pace
I leader religiosi riuniti a Roma sul tema: "Popoli fratelli, terra futura. Religioni e culture in dialogo"

Due temi sono stati al cuore dell'incontro interreligioso promosso a Roma, il 6 e 7 ottobre scorso, dalla Comunità di Sant'Egidio in quello "Spirito di Assisi" nato per iniziativa di Giovanni Paolo II nella città di san Francesco nel 1986: la "fraternità universale" (siamo a un anno dall'enciclica Fratelli tutti), e terra futura, cioè la "cura dell'ambiente". Urgenza a livello mondiale e tema della COP 26, a Glasgow dall'1 al 12 novembre scorso.
Alla presenza del Papa e dei rappresentanti delle grandi religioni si sono esplorate le strade per un futuro in cui fraternità umana e cura del creato stiano insieme. Nella due giorni romana è emerso con chiarezza il bisogno di ricominciare su nuove basi per non sprecare l'occasione di questa crisi mondiale, perché diventi un nuovo inizio e non una storia di degrado. O, peggio, ci separi gli uni dagli altri.
I rappresentanti delle religioni, insieme a personalità del mondo della cultura, della politica e di moltissimi giovani, hanno manifestato l'auspicio di dover ricominciare insieme. L'oggi va vissuto con una più chiara coscienza dell'unità e dell'interdipendenza di tutti, adoperandosi per ricucire la trama lacerata delle società in tante situazioni. Le religioni possono essere parte attiva di un processo inclusivo, all'interno del quale culture e credi diversi convivano pacificamente, nel rispetto delle relative identità e differenze.
Di fronte a un virus che ha colpito la socialità dei popoli e dei singoli si è cercato di rispondere con un contagio uguale e contrario, coltivando il senso di una reale comunanza di destino. A Roma si è guardato al futuro a partire da una domanda: come porre le basi per un mondo nuovo mentre abbiamo addosso ancora le ferite provocate dalla pandemia? Ci sono ferite gravi, profonde che non hanno risparmiato nessun popolo e nazione: l'altissimo numero dei morti (specie di persone anziane), il grande numero di persone senza lavoro, bambini e giovani senza la scuola, una crisi sociale diffusa. Ci si è messi di fronte a queste ferite, che toccano il corpo dell'umanità intera, con la responsabilità di dare una risposta che aiuti il mondo a curarle.
Il punto di partenza sono state le parole di papa Francesco: «Nessuno si salva da solo». Se questo è vero - ci si è chiesti - com'è possibile ricominciare insieme?
Innanzitutto camminando insieme. Non a partire da questioni dottrinali o dogmatiche, ma più semplicemente dalle domande sul futuro: quello del mondo e dei giovani. Niccolò Cusano, grande umanista, parlava dell'incontro delle personalità religiose come di un "concilio in cielo". Di fronte a emergenze sociali e umane rilevanti, le religioni a Roma hanno espresso la volontà di non chiudersi nei loro mondi in maniera autoreferenziale. Tutt'altro. Il cammino dello "Spirito di Assisi", d'altronde, lo ha mostrato negli anni: ricordo il grande contributo alla pace come in Mozambico di ventinove anni fa e in altri luoghi.
Il camminare insieme delle diverse fedi religiose è uno dei grandi fatti nella vita del mondo: la simpatia nata tra le religioni durante il pellegrinaggio, che da Assisi ha toccato a Roma la sua trentacinquesima tappa, rappresenta una novità unica nella storia. Ma il cuore dell'evento è stato il momento di preghiera per la pace che ogni religione ha vissuto secondo la sua tradizione nell'area del Colosseo.
La preghiera è alla radice della pace e i cristiani lo hanno espresso nella preghiera ecumenica presieduta da papa Francesco, alla presenza del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, di quello armeno Karekine II e dei rappresentanti delle Chiese cristiane ortodosse e di quelle evangeliche. Dopo il tempo di preghiera si è svoltala cerimonia finale in cui hanno preso la parola Andrea Riccardi e Angela Merkel.
«Di fronte a un mondo che deve rinnovarsi», ha notato il fondatore di Sant'Egidio
, «si manifestano visioni limitate e un diffuso senso d'impotenza. Che genera indifferenza. Invece le Religioni richiamano al fatto che il comportamento di ciascuno non è irrilevante per la salvezza propria e altrui, e della terra». Infatti «siamo all'appuntamento di un mondo nuovo, decisi a costruirlo con tutti, a partire dai giovani e dai poveri».
Per la Cancelliera tedesca «senza il rispetto dell'altro e di chi la pensa diversamente o che ha un'altra fede, non possiamo vivere in pace. [...] Dobbiamo mantenere lo sguardo verso la miseria delle persone che vivono in mezzo ai conflitti, al loro dirit
to a una vita dignitosa perché la sofferenza umana non viene relativizzata dalla distanza geografica».
Subito dopo sono intervenuti il grande imam dell'università di Al-Ahzar (Il Cairo), A1-Tayyeb, e il presidente dei rabbini europei Goldschmidt.
Papa Francesco, nell'intervento conclusivo, ha insistito sulla necessità che i "popoli fratelli e le religioni sorelle" riprendano a "sognare la pace" per un mondo in cui prevalga il disarmo reale e quello dei cuori: «Con la vita dei popoli e dei bambini non si può giocare. Non si può restare indifferenti. Occorre, al contrario, entrare in empatia e riconoscere la comune umanità a cui apparteniamo, con le sue fatiche, le sue lotte e le sue fragilità. Pensare: "Tutto questo mi tocca, sarebbe potuto accadere anche qui, anche a me". E ancora: "Meno armi e più cibo, più vaccini e meno fucili"».
Così, nel suggestivo scenario del Colosseo, si è chiuso un evento interreligioso che non è rimasto distante dai problemi reali dei popoli e nel quale i poveri e i vulnerabili hanno partecipato in maniera tutta speciale. Sono coloro, infatti, che più aspirano alla pace e al bene e li invocano nel loro silenzioso grido che resta spesso inascoltato.