Afghanistan: ce ne siamo già dimenticati?

Lunedì 15 novembre, al Collegio Universitario  santa Caterina da Siena, la Comunità di sant'Egidio ha organizzato una conferenza sulla condizione dell'Afghanistan, troppo presto dimenticata dai mass media. Vi hanno preso parte Ali Wahdad, mediatore linguistico afghano della Comunità di sant'Egidio, e la professoressa dell'Università Statale di Milano Elisa Giunchi.
Dopo il ritiro delle truppe internazionali nella primavera del 2021, i Talebani avanzano fino alla presa di Kabul, sotto gli occhi attoniti di tutto il mondo, il 15 agosto scorso. Il nuovo regime sta attuando un controllo totale e sistematico sulla popolazione, soprattutto al di fuori della capitale, nelle aree rurali dove la copertura mediatica è quasi assente.
A risentire maggiormente della situazione sono le donne, costrette ad abbandonare gli studi e confinate nelle loro abitazioni. Uscire è estremamente rischioso, contemplabile solo se in compagnia di un uomo. I burqa nei negozi sono sempre più richiesti.
La popolazione afghana è spinta alla fuga, nell'ultimo capitolo di un esodo che va avanti ormai da più di quarant'anni, come ha sottolineato Ali Wahdad, ragazzo appartenente agli Hazara, una minoranza discriminata in Afghanistan e in Iran. "Sono Afghano, ma non ho mai conosciuto il mio Paese. Infatti sono nato in Iran, e da lì mi sono sempre spostato senza mai poter visitare l'Afghanistan", sono state le parole con cui ha esordito. Nella speranza di un futuro migliore, il padre ha dovuto vendere la casa per sostenere i costi del viaggio verso l'Europa. Superando restrizioni e problematiche date dalla sua condizione di rifugiato irregolare, attraverso tanta determinazione è riuscito a trovare la sua identità in Italia, Paese che lo ha accolto e aiutato. Così, grazie alla Comunità di sant'Egidio 
 di Roma, ha potuto studiare e realizzare il suo sogno di diventare mediatore culturale.
Alla fine dell'incontro è stata annunciata l'approvazione di un protocollo che vede la Comunità di sant'Egidio
, assieme alla Caritas e alle Chiese evangeliche e valdesi, in prima linea per l'accoglienza di 1200 famiglie afghane rifugiate, con l'obiettivo di offrire loro una prospettiva di futuro. Anche a Pavia, questo è l'auspicio, si potrà accogliere una di queste famiglie.