Un salto di solidarietà

La campagna «Aggiungi un posto a tavola» della Comunità di Sant’Egidio

Non solo non mangiava mai e la notte, spesso al freddo, si accucciava nei cartoni davanti al pronto soccorso del Gemelli, ma P., romano, 60 anni, da dodici era praticamente un invisibile per lo Stato, da quando cioè aveva perso i documenti e con questi tutti i diritti, compreso quello di una tessera sanitaria per curarsi.
Poi, i volontari della Villetta della Misericordia lo hanno visto, aiutato nei bisogni primari - un pasto caldo, un letto per la notte - e si sono dati da fare perché ritrovasse carte, dignità (adesso vive con altre due persone in cohousing in un appartamentino) e perfino i genitori, novantenni, che non vedeva da una vita.
Davanti al pronto soccorso di un altro ospedale romano, il San Carlo di Nancy, vagava anche M., giovane italiano pure lui senza documenti, ripiombato in strada e preda degli spacciatori dopo un periodo di disintossicazione; adesso è tra gli ospiti felici della Villetta, ha smesso con la droga e sembra un'altra persona. Un percorso di disintossicazione iniziato anche in questo caso da una minestra calda e un letto per dormire - fatto anche da C., giovane ed ex tossicodipendente, che adesso sta invece terminando un altro percorso ma professionale, durato otto mesi, per diventare operatore socio-sanitario e iniziare a lavorare.
Sono solo alcune delle storie che arrivano dalla Villetta della Misericordia, la struttura per senzatetto ubicata nel Campus universitario dell`Università Cattolica del Sacro Cuore, gestita dalla Comunità di Sant'Egidio 
e con ben 150 volontari che, coordinati da Gianna Iasilli e a rotazione, si prendono cura di venti ospiti fissi (per la cena, la notte al caldo, la colazione del giorno dopo, il cambio biancheria) e delle loro storie.
I senza fissa dimora (almeno cinquantamila in tutta Italia e con Roma "capitale" anche di questa triste classifica) possono trovare l'indirizzo della Villetta e di altre strutture compresa la chiesa di San Callisto a Trastevere che ha riaperto proprio due giorni fa per accogliere chi ha freddo e fame - nella guida Dove mangiare, dormire, lavarsi, distribuita gratuitamente dalla Comunità di Sant'Egidio 
e rivolta a chiunque abbia bisogno: poveri, cittadini stranieri, anziani. Una bussola utile per orientarsi nel mondo della solidarietà, con luoghi e servizi per chi cerca aiuto e accoglienza, mense, dormitori, distribuzioni alimentari itineranti, centri di ascolto.
La nuova edizione della guida è stata presentata nell'ambito del lancio della campagna solidale «Aggiungi un posto a tavola» della Sant'Egidio,
 per regalare ai più fragili un pranzo degno della festa. Il 25 dicembre, la Comunità vuole raggiungere almeno ottantamila persone in difficoltà sparse in tutta Italia, 240.000 nel mondo, per regalare loro un pasto abbondante e vivere un evento che non escluda nessuno: solo a Roma saranno circa ventimila in una cinquantina di luoghi (per contribuire basta un sms o una chiamata da rete fissa al numero 45586, fino al 27 dicembre).
Una festa di Natale diversa in un periodo estremamente difficile, con la pandemia economica e sociale che ha triplicato le richieste di aiuti, come ha evidenziato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio
, nella conferenza stampa di presentazione della campagna. «Da inizio pandemia abbiamo distribuito circa cinquecentomila pacchi alimentari, il triplo di quanto facevamo prima, e oltre un milione di pasti nelle nostre mense a Roma, Genova, Novara, Frosinone e Lucca e nelle cene itineranti in numerose città. Le ferite del covid sono ancora aperte», ha aggiunto: «Questa stagione di emergenza non si è ancora conclusa e si può affrontare soltanto insieme. Bisogna superare l'inerzia e lo stordimento di questo periodo che ci ha provato: i cittadini e le istituzioni devono unirsi per una grande mobilitazione in favore di chi ha subito maggiormente le conseguenze economiche e sociali della pandemia. C'è bisogno di un salto di solidarietà e responsabilità. Le feste di Natale, momento caldo e di famiglia, saranno l'occasione per aggiungere un posto a tavola e per non dimenticare chi ha bisogno».
Si tratta di una povertà che ora fa rima anche con solitudine e con l'acuita emergenza abitativa. Per gli anziani soli e per le persone con disabilità fisica e psichica, Sant'Egidio 
ha messo in campo risposte basate sulla convivenza come antidoto alla solitudine: solo a Roma usufruiscono di questa rete abitativa oltre novecento persone e dall'inizio della pandemia sono sorti in città 43 nuovi cohousing per senza fissa dimora sottratti dalla strada o anziani soli che hanno evitato l'istituto.
Impagliazzo ha inoltre rimarcato come sia diventata sempre più ampia la forbice delle disuguaglianze: le statistiche ufficiali certificano il malessere che i volontari della Comunità hanno potuto osservare in presa diretta negli ultimi diciotto mesi, con oltre un milione di persone scivolate sotto la soglia della povertà assoluta nel 2020, portando il numero totale a 5,6 milioni di individui, compreso un milione e 330.000 minori. E così, per rispondere all'aumento del bisogno, sono sorti nuovi centri per la distribuzione di cibo in ben trenta città. Solo nella Capitale il numero delle strutture è passato a ventotto rispetto alle tre iniziali, compresa la Villetta, aperta nel 2016 come segno tangibile nell'ambito del Giubileo della misericordia.
Ed è qui che torniamo, con le parole e l'esempio di Gianna Iasilli e dei centocinquanta volontari: «Vengono a rotazione, secondo la disponibilità di tempo. Ci sono medici, infermieri, personale vario del Gemelli, gli studenti di medicina o le allieve infermiere. E con quanto amore vanno lì ad accudire i senzatetto, servendo a tavola, aiutando a farli mangiare, a medicare ferite e a dar loro una medicina! E il Gemelli in questo è fantastico, con le forniture che ci passa, anche per il cambio biancheria, tutte di qualità. In questi sei anni abbiamo visto tante storie passare da qui e molte persone recuperate alla vita, alla dignità. Cerchiamo di aiutarli con dei percorsi personalizzati perché spesso sono malati, e anche per questo finiscono davanti ai pronto soccorso degli ospedali; oppure sono persone cadute nella dipendenza da droga, alcol, gioco d'azzardo. In diversi hanno ritrovato la dignità di un lavoro: c'è chi ora fa le pulizie al Gemelli, chi lavora nelle cooperative di facchinaggio, chi fa il custode in una residenza universitaria. Oppure chi ha ritrovato la famiglia, riabbracciato i figli. Certo, durante il lockdown è stata di nuovo dura per tanti: dopo la colazione non potevamo lasciarli andare in giro
, perché spesso non trovavano neppure un bar aperto per i bisogni, e allora li abbiamo tenuti qui in giardino e anche questa prova, con altri sacrifici, è stata superata. Non facciamo niente di speciale, non siamo eroi, però questo sta diventando un modello replicabile e altri ospedali, in Lazio e Campania, hanno chiesto di poter vedere ciò che facciamo per aiutare tutti quelli che di notte dormono per strada, davanti ai nosocomi», conclude la coordinatrice.

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[ Igor Traboni ]