Da Libera a Sant'Egidio un solo grido, "aiutarli"

Necessario piano di sostegno speciale

Don Ciotti con Libera e Gruppo Abele, analizzano con spietata crudezza «la silenziosa carneficina che si sta consumando da almeno trent'anni sotto gli occhi di un ricco Occidente che finge di non vedere e che, quando non può farlo perché le dimensioni della tragedia lo impedisce, si palleggia responsabilità per poi tornare, passato il clamore, alla sola attività che sembra davvero interessarlo: il conflitto per la gestione del potere».
Di contralto la comunità di Sant'Egidio chiede «all'Europa di uscire dal suo torpore e da logiche di chiusura che non favoriscono l'immigrazione regolare incrementando la cooperazione e attivando subito un "piano speciale" di aiuti e di sviluppo per i paesi di provenienza dei migranti, sull'altra sponda del Mediterraneo e nell'Africa subsahariana». Nell'estremo cordoglio per l'immane tragedia consumatesi.
«La tragedia avvenuta al largo delle coste calabresi ci dice che quella barca che dovrebbe farci sentire con-sorti, accomunati da una simile sorte, resta per ora una speranza: il mondo continua a essere diviso in transatlantici e zattere, benestanti e disperati, stanziali e migranti per forza - afferma don Luigi Ciotti - Sì perché bisognerebbe smetterla di chiamarle migrazioni: sono deportazioni indotte! Nessuno lascia di sua spontanea volontà gli affetti, la casa, affrontando viaggi rischiosi in mano a organizzazioni criminali e in balia degli eventi atmosferici. Lo fa solo perché costretto da un sistema economico intrinsecamente violento, sistema che colonizza, sfrutta e impoverisce vaste regioni del mondo. Lo fa perché l'Occidente globalizzato, in nome dell'idolo profitto, gli fa terra bruciata attorno offrendogli in alternativa sfruttamento se non schiavitù».
«Di fronte alla morte di intere famiglie con bambini e persone fragili che fuggono da paesi come Iran, Pakistan e Afghanista, non ci si può fermare al semplice sdegno - affermano dalla comunità di Sant'Egidio - Occorre continuare e incentivare il salvataggio di chi è in pericolo nel Mediterraneo e ad accogliere, come ha invitato a fare Papa Francesco ieri all'Angelus. Al tempo stesso è necessario attivare urgentemente - e in maniera ampia - programmi di reinsediamento europei dai paesi del Sud del Mediterraneo; incrementare le quote dei decreti flussi insieme a nuove vie di ingresso regolare, unica soluzione per poter gestire un fenomeno che è di vaste proporzioni. Modelli che funzionano perché favoriscono l'integrazione, come i corridoi umanitari, che la nostra Comunità porta avanti insieme a diverse realtà ormai dal 2016 oltre all'ingresso per motivi di lavoro, di cui tanto ha bisogno il nostro paese. Ma chiediamo soprattutto all'Europa di uscire dal suo torpore e da logiche di chiusura che non favoriscono l'immigrazione regolare, incrementando la cooperazione e attivando subito un "piano speciale" di aiuti e di sviluppo per i paesi di provenienza dei migranti, sull'altra sponda del Mediterraneo e nell'Africa subsahariana»