«La pace è un dono che ci hanno rubato»

Ad un anno dall'inizio della guerra, la comunità ucraina è scesa in piazza venerdì anche a Novara. Sironi (Sant'Egidio): «La pace non è impossibile, ma bisogna cercarla»

Il suono terribile e inquietante delle sirene antiaereo ha squarciato l'aria di un tranquillo venerdì pomeriggio in città. Un suono con il quale la popolazione ucraina ha tristemente imparato a convivere da un anno a questa parte, da quando - il 24 febbraio 2022 - la guerra «ha fatto irruzione in ogni casa», come ha detto dal palco Yurii Samuliak, che a Dnipro dirigeva un centro culturale.
In piazza Duomo, la manifestazione promossa dalla comunità ucraina per ricordare e pregare per la pace. Tra i partecipanti, quasi tutte donne e molti bambini (non tantissimi invece i novaresi...), gli sguardi pieni di lacrime rivolti ad un tazebao appena sotto il palco, con le foto di quelli che sono stati definiti "eroi per sempre": mariti, fratelli, amici, vicini di casa caduti durante i combattimenti.
Introdotti dalla giornalista Cecilia Colli, sul palco si sono alternati gli interventi. Il vicesindaco Marina Chiarelli ha ricordato la vicinanza di Novara, che fin dalle prime ore ha saputo accogliere centinaia di profughi. «La città c'è stata e ci sarà», anche per dire no «ad una guerra ingiusta che deve finire». Personalmente coinvolto dagli avvenimenti, avendo sposato una ragazza ucraina, anche il presidente della Provincia Federico Binatti ha ricordato il peso di una tragedia «che direttamente o indirettamente ha coinvolto tutte le famiglie». La vicinanza del mondo del volontariato novarese è stata espressa dal presidente del Cst Daniele Giaime: «Stiamo soffrendo insieme a voi da 365 giorni, questo conflitto è una ferita nel cuore per tutti. Qui avete trovato una casa e la nostra più calorosa accoglienza. Che spirino venti di pace sulla vostra terra, che la solidarietà vi abbia portato conforto in questo lungo anno di inutile guerra».
Daniela Sironi, referente regionale della Comunità di Sant'Egidio, si è rivolta alle donne: «Non c'è nessuna madre che mette al mondo un figlio perché venga ucciso o uccida. Voi siete donne coraggiose, che difendete il futuro dei vostri figli. Ora c'è bisogno di costruire la pace. Non è impossibile, ma bisogna cercarla. Perché è un dovere, per i giovani, per la vostra terra e per tutti coloro che per difenderla sono morti».
Cecilia Colli ha ricordato che l'Italia celebra quest'anno i 75 anni della Costituzione, che «è una garanzia per tutti noi e ci libera dall'obbligo di avere paura. Quella che invece il popolo ucraino è costretto a provare ogni giorno, ogni singola ora del giorno e della notte, per colpa di una guerra che è volontà di uno solo».
Tra tante bandiere gialle e azzurre, canti, preghiere e poesie, il referente della comunità ucraina novarese, il parroco della chiesa di Santa Maria del Carmine padre Yuriy Ivanyuta - ringraziando tutti coloro che in questi mesi si sono spesi nell'aiutare gli sfollati dalla guerra - ha invitato tutti a pregare per la pace, «che è un dono che quando c'è spesso non viene apprezzato, ma che a noi è stato rubato». Infine Paolo Cortese, comandante della Polizia municipale che fin dall'inizio ha gestito per il Comune l'emergenza profughi: «Sono io che dico grazie a voi, perché rappresentate un esempio per l'Italia e l'Europa difendendo i valori della pace, della libertà e della democrazia». 


[ Laura Cavalli ]