| 23 Agosto 2009 |
Il personaggio |
Davide Cerullo "La camorra si può battere" |
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«Mi chiamo Davide, ho due bambini bellissimi, ai quali do tutto me stesso, soprattutto quello che nella mia infanzia mi è stato negato. Ma non posso limitarmi a dedicare le mie attenzioni a loro. Non mi è lecito ignorare che ci siete anche voi, e che ho l´obbligo preciso di fare qualcosa per i ragazzi di Scampia». Davide Cerullo ha 35 anni, i segni di due pallottole ben visibili in una gamba, una ferita nel cuore che ora, però, fa meno male. Ex pusher, giovane criminale promettente, è stato un soldatino di quello che lui chiama il Sistema: la camorra. In un territorio, Scampia, alla periferia Nord di Napoli, che per anni (e ancora adesso ma più sporadicamente), è stato insanguinato da una terribile faida scatenata proprio per la leadership sulla droga. Da una parte gli uomini del superboss Paolo Di Lauro, dall´altra quelli del nuovo padrino Raffaele Amato con la sua banda di scissionisti. Tanti morti, tanto dolore e disperazione.
E una lunga linea d´odio che ancora divide chi è rimasto in vita tra le due fazioni criminali. Davide spacciava droga, ora ha cambiato vita. Ha scritto un bel libro "Ali bruciate, i bambini di Scampia" (Edizioni Paoline), per spiegare ai piccoli della periferia di Napoli che un´altra strada è possibile. Nella sua storia «ci sono raggi di luce che rompono le tenebre della notte», ha sottolineato nella presentazione l´arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe. Nono di quattordici figli, Davide è stato strappato presto alla scuola. Prima di approdare a Scampia, ha fatto il pastore a Cassino con un altro fratello, alle dipendenze del padre-padrone. «Sono stato costretto a lasciare i banchi - racconta nel libro scritto insieme a don Alessandro Pronzato - e a servire un uomo vile capace solo di regalarmi calci e pugni. A me, il calore di cui avevo bisogno l´hanno dato, quando tremavo per il freddo, delle pecore e un cane di sensibilità rara».
Dopo la separazione dei suoi genitori, arriva a Scampia. In una delle Vele si sistema con la madre e i fratelli in un appartamento assegnato dal Comune. E in quei luoghi quello con la camorra è un incontro naturale. E´ il percorso comune di tanti bambini di Napoli. La scuola diventa la strada, il maestro il camorrista. A sette anni Davide non studia più. Chi scrive l´ha incontrato in una sera d´inverno di tanti anni fa, infreddolito, con alcuni amici della Comunità di Sant´Egidio: nel cuore di Scampia, badava alle pecore, insieme a un fratellino.
Riuscimmo a convincere la madre a riportarlo a scuola, innanzitutto. L´unica strada per uscire da un destino segnato. Fu curato, insieme agli altri fratelli, aiutato a studiare nel doposcuola: affetto, ascolto e un modello umano alternativo al nichilismo camorrista, era la proposta. «I soldati del Sistema sono analfabeti e hanno più paura della scuola che della polizia - dice ora Davide - i libri ti fanno ragionare, capire». Lo spiega con un sorriso, e ricorda quando a quei giovani che arrivavano dall´altra parte di Napoli, diceva: «Ma chi ve lo fa fare?». Eppure, a Davide quello spazio piaceva. «Con quei giovani di Sant´Egidio - ricorda - vidi per la prima volta il mare. Poi, la prima pizza della mia vita. Mi sembrava più grande del tavolo». E ricostruisce: «Loro erano gli unici punti di riferimento diversi in mezzo a una normalità fatta di violenza. Anche se per un po´ me ne sono dimenticato. Ho deciso di restituire alla vita tutte le botte che avevo preso».
Il "seme" è germogliato in seguito. Grazie anche ad altri incontri importanti: quello con don Pronzato, con don Ivo Cassiani, con la comunità Casa del Pozzo di Modena. Il cammino è stato tortuoso, però. Prima, c´è stata la caduta, la vita da pusher.
Un giorno, il clan nemico decide di dar gli una lezione per aver sconfinato nel proprio territorio. «"Qui non devi stare!" - racconta Davide nel libro - urlano e si mettono a sparare contro di me. Decine di colpi, poi ai killer si inceppa la pistola e inizio a scappare. Mi rifugio in un locale, ma mi accorgo che non ho via di uscita. Non mi resta altro che aspettare a terra, terrorizzato. Sento il passo sicuro dei sicari, il freddo delle canne appoggiate sulle gambe, poi il rumore sordo dei colpi. Sul momento non avverto dolore, mi alzo, poi stramazzo a terra». A diciassette anni Davide finisce nel carcere minorile dei Colli Aminei, a diciotto viene arrestato di nuovo: gli trovano addosso cocaina. «La polizia - ricorda Cerullo - mi ammanettò e mi fece salire senza troppi complimenti in macchina. Vidi mia sorella in preda alla disperazione. Mentre l´auto si allontanava sgommando, scorsi la sua figura diventare sempre più piccola fino a scomparire. Il mio cuore batteva forte e, finalmente, piansi anch´io».
Se hai 18 anni, a Poggioreale finisci nel padiglione degli adulti. Vita terribile: soprusi e violenza. Nella biblioteca del carcere, Davide si imbatte in una Bibbia: primo libro di Samuele che parla del re Davide.
Davide come lui. Strappa quella pagina, è l´ultimo furto. «"Lazzaro, vieni fuori": mi sembrava di sentire una voce», racconta. E Comincia un´altra storia. Anche se con fatica, si mette alle spalle la camorra, sposa Patrizia, ha due figli, lascia Scampia, perché lì l´aria si è fatta irrespirabile per uno che lascia il Sistema. Si trasferisce al nord, Davide, e inizia a sgobbare come camionista per dieci ore al giorno.
Inizia a leggere, a capire. «Voglio essere per la mia famiglia qualcosa di diverso», è il suo pensiero ricorrente.
E un chiodo fisso gli batte il cervello: «Voglio salvare i ragazzi di Scampia». «Ho scritto il libro - spiega - per parlare a loro, per testimoniare ai bambini che la camorra non è l´unica strada. Per gridare a tutti che è bello vivere puliti». Ora, lui ex pusher, racconta agli altri che la camorra è morte, che ci si può ribellare, dire "non ci sto più", che un´altra vita è possibile. Porta a casa soldi che profumano di sudore. E la sera, può guardare felice i suoi figli negli occhi.
Alberto Mattone
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