«Quei ragazzi senza identità preda del richiamo terrorista». Il lavoro sul campo di Sant'Egidio

La testimonianza

 I bambini, purtroppo, sono stati protagonisti dell' attentato di venerdì in Burkina Faso. Vittime e carnefici. Il piccolo Misha ucciso nel locale del padre italiano, e i tre baby terroristi.
«Guardo le foto di questi ragazzi e vedo persone fragili» dice da Ouagadougou Mira Gianturco della Comunità di Sant'Egidio, ieri assieme al sottosegretario Mario Giro che ha portato la solidarietà del governo italiano al neo presidente Kaboré e a Gaetano Santomenna, il papà di Misha. Lei dal 2009 è responsabile del progetto Bravo per dare un'identità ai bambini di strada: in Burkina Faso soltanto il 65% dei neonati viene registrato nelle città, il 40% nelle zone rurali. Un esercito di invisibili, resi vulnerabili fin da piccoli. «E' importante dare forza a questi bambini per evitare che diventino facile preda degli estremisti», dice.
Gianturco si era spostata dai villaggi nella capitale proprio venerdì. «Nonostante da un mese girassero allarmi tra gli espatriati di non recarsi nei luoghi frequentati dagli stranieri, il caffé Cappuccino era pieno. Dopo l'attacco in Mali, sapevamo che prima o poi sarebbe potuto accadere anche qui ma nessuno ci credeva», confessa.
Nella stessa via dell'attentato a dicembre avevano organizzato il pranzo di Natale con una sessantina di ragazzi di strada, metà musulmani: uno spaccato della «società mista, modello di convivenza pacifica tra islamici e cristiani. Hanno colpito per imporre il loro messaggio: non si può vivere insieme. E hanno colpito questa giovane democrazia a due giorni dalla nascita del nuovo governo. Invitiamo tutti a continuare a lavorare e a non fuggire».


[ Alessandra Muglia ]