La pace con le Farc: il Nobel sulla fiducia al presidente Santos

Colombia. Nuova trattativa
Nobel a Santos, «anticipo» della pace per la Colombia. Il Comitato di Oslo premia il «coraggio del leader per aver portato avanti la sfida»

Ha accettato il Nobel per la Pace a nome del «popolo» e «delle vittime del conflitto colombiano». Un passato cruento - con 260mila morti, sette milioni di sfollati interni, 50mila desaparecidos - che ha marchiato a fuoco tre generazioni di cittadini. Una profezia tragica - come sosteneva l'altro Nobel nazionale per la Letteratura, Gabriel García MIrquez - da cui la patria del realismo magico non riesce a emanciparsi. Nell'insignire del prestigioso riconoscimento il presidente Juan Manuel Santos, però, il Comitato di Oslo ha guardato al futuro.
Il premio al leader di Bogotà è, dunque, un omaggio alla "pace possibile". Quella d'inchiostro è stata già scritta. Nella notte tra il 24 e il 25 agosto, il governo e la guerriglia delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc), hanno raggiunto un accordo definitivo, dopo quasi quattro anni di sfibranti trattative all'Avana, con la Norvegia tra i garanti. Il 26 settembre successivo, a Cartagena, la storica firma, alla presenza di vari rappresentanti internazionali.
Proprio quando dalla carta, la pace stava per trasformarsi in realtà, la doccia gelata. Il referendum del 2 ottobre - con cui, per esplicito volere di Santos, la popolazione avrebbe dovuto ratificare il patto per chiudere 52 anni di guerra - lo ha bocciato. Contro ogni previsione. Imprigionando il processo in un limbo. La scelta di Oslo, ora, punta a far ripartire «la pace incagliata». Scommettendo sul suo principale artefice, Santos, appunto. Un leader che non ha lesinato «gli sforzi tenaci» - hanno sottolineato i giurati - per arrivare all'intesa. Facendo dimenticare il suo passato da "falco" e lo scandalo delle esecuzioni extragiudiziali di cittadini, camuffati da guerriglieri - i cosiddetti "falsos  positivos" - da parte dell'esercito mentre era ministro della Difesa di Uribe (2006-2009).
L'ex acerrimo nemico delle Farc è stato disposto a giocare sull'intesa il suo intero capitale politico. A costo di un calo di popolarità nei sondaggi e di una crescente opposizione da parte della destra uribista. Nei giorni scorsi, era circolata l'indiscrezione di una candidatura congiunta di Santos e del capo delle Farc, Rodrigo Londofio alias Timochenko. Poi, però, il Comitato ha optato per una designazione più "digeribile" per l'opinione pubblica colombiana. Una parte di quest'ultima ha forti difficoltà a riconciliarsi con la guerriglia che, negli ultimi decenni, s'è trasformata sempre più in un potente cartello della droga. Acqua passata, assicurano i miliziani che, nell'accordo si sono impegnati a rinunciare al narcotraffico. Timochenko ha, tuttavia, "incassato" la sconfitta senza rimostranze. «L'unico premio a cui aspiriamo è la pace con giustizia sociale per la Colombia», ha scritto Timochenko su Twitter subito dopo l'annuncio.
Moderatamente critico, invece, l'ex presidente Alvaro Uribe, "architetto" della campagna del no all'intesa «Auspico che il Nobel porti a cambiamenti negli accordi nocivi per la democrazia», ha commentato l'ex leader. Un coro di congratulazioni si è, invece, levato dalla comunità internazionale. Dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon all'Alto commissario Ue Federica Mogherini, dalla cancelliere tedesca Angela Merkel al presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, tutti hanno sottolineato che il riconoscimento dia nuovo slancio al processo di pace.
«Si tratta di un forte sostegno al dialogo e al negoziato come uniche vie praticabili per giungere alla fine dei conflitti», ha ribadito la Comunità di Sant'Egidio, che ha dato ampio sostegno ai negoziati. Sulla stessa linea le principali organizzazioni internazionali, Amnesty International in testa. In effetti, un primo risultato è già arrivato. Il governo e le Farc hanno diffuso un comunicato congiunto in cui entrambi si impegnano a tornare al tavolo per discutere «aggiustamenti» nell'intesa raggiunta. Le parti hanno, inoltre, confermato il cessate il fuoco bilaterale e definitivo. Certo, non è ancora l'atteso epilogo. Ma il processo va avanti. L'ipotesi più probabile per superare l'impasse del referendum è un patto con le forze politiche recalcitranti - in primis l'uribismo - che porti a un voto congiunto in Congresso su un accordo "ritoccato". L'obiettivo è arrivarci entro il 10 dicembre, quando Santos ritirerà il Nobel a Oslo. Dopo la batosta del referendum, anche gli entusiasti sono cauti. La determinazione internazionale a dare «alle stirpi condannate a cent' anni di solitudine» una «seconda opportunità sulla terra» è forte. Pronunciare la parola fine spetta, però, ora ai colombiani.'


[ Lucia Capuzzi ]