Lettura della Parola di Dio
Alleluia, alleluia, alleluia !
Chiunque vive crede in me
non morrà in eterno.
Alleluia, alleluia, alleluia !
Dalla lettera agli Ebrei 12,12-17
Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.
Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore, vigilando che nessuno venga meno alla grazia di Dio. Non spunti né cresca alcuna radice velenosa in mezzo a voi e così molti ne siano infettati; non vi sia nessun fornicatore o nessun profanatore, come Esaù, che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura. E voi ben sapete che in seguito, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto, perché non trovò possibilità che il padre mutasse sentimento, sebbene glielo richiedesse con lacrime.
Alleluia, alleluia, alleluia !
Se tu credi, vedrai la gloria di Dio,
dice il Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia !
L’autore chiede alla comunità cristiana, che rischiava di indebolirsi nella fede, di riprendere il vigore evangelico: “Rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire” (12,12). È un’esortazione che richiama l’indispensabilità dell’educazione nella vita dei discepoli. La sequela del Signore, infatti, richiede che ciascun discepolo cambi il proprio cuore, muti i suoi pensieri, si lasci insomma guidare dal Vangelo più che dal proprio orgoglio, oppure dai propri istinti o dalle proprie abitudini. Solo obbedendo al Vangelo e alla sua pedagogia possiamo crescere in sapienza e in amore. È la grande questione dell’arte pastorale, come la chiamavano i Padri della Chiesa. Si tratta di un impegno che riguarda in maniera prioritaria i “pastori”, ossia i responsabili della comunità, perché si impegnino per la crescita interiore dei credenti. In verità ogni discepolo è chiamato a correggere se stesso e ad aiutare gli altri a crescere nella fede e nella santità. L’autore chiede a tutti i cristiani di vigilare perché “nessuno venga meno alla grazia di Dio”. Si potrebbe dire che l’intera comunità è chiamata a vigilare, ossia a esercitare il compito “episcopale” (l’episcopos è colui che sorveglia letteralmente colui che guarda da sopra e che ha cura): stare attento alla fede dei propri fratelli e delle proprie sorelle. Fa parte di questa vigilanza anche l’attenzione a non far crescere nella comunità le “radici velenose”, ossia quegli atteggiamenti egocentrici che ne turbano la vita e ne impediscono la crescita. Per questo l’autore esorta ancora: “Non vi sia alcun impudico o immondo, come Esaù, che per un solo pasto vendette la sua primogenitura”. L’asservimento ai propri istinti e alle proprie voglie porta a pensare solo a se stessi, senza essere attenti agli altri. Tale atteggiamento conduce inesorabilmente alla perdita di ciò che davvero conta, come accadde ad Esaù che, per un piatto di lenticchie, perse la primogenitura. E non bastò il pentimento successivo.