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Mercoledì delle ceneri
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Mercoledì delle ceneri
mercoledì 1 marzo

Omelia

La Quaresima, tempo carico di storia, sembra purtroppo svuotarsi sempre più di senso in un mondo distratto, ove persino il carnevale è più incisivo e presente. Potremmo dire che è un tempo debole rispetto ai tempi forti degli interessi personali, di gruppo o di nazione, senza più quindi rilevanza e visibilità. Eppure, l'uomo e il mondo hanno estremo bisogno del "non senso" del tempo quaresimale. Le Chiese cristiane sono chiamate a scongiurare il rischio di svilire la "forza" di questi quaranta giorni di penitenza, di digiuno, di elemosina e di preghiera. Il profeta Gioele riporta l'accalorato invito di Dio: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» (2,12). E, preoccupato dell'insensibilità del popolo d'Israele, il profeta aggiunge: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (v. 13). La Quaresima è il tempo opportuno per ritornare a Dio e ricomprendere il senso stesso della vita. Il Signore ci aspetta. È pronto persino a cambiare la sua decisione, ravvedendosi del male minacciato per compiere il bene.
La liturgia ci viene incontro con l'antico segno delle ceneri che – emarginato dai nostri razionalismi e sensi di modernità, eppure così vero – ritorna di grande attualità. Quella cenere, accompagnata dall'espressione biblica: «Ricòrdati che sei polvere e in polvere ritornerai», vuol dire certamente penitenza e domanda di perdono, ma soprattutto mostra una cosa semplice e chiara: siamo tutti polvere, siamo tutti deboli e fragili. Quest'uomo che s'innalza e che si sente potente (e ognuno di noi ha i suoi modi per innalzarsi e per sentirsi potente), domani non è più nulla. Quest'uomo (o anche questa nazione) che s'innalza e si sente forte e sfodera armi o denaro, domani rischia di scoprirsi tragicamente debole. Siamo tutti polvere! E la cenere sul capo ce lo ricorda. Ma non è posta per aumentare la paura. La debolezza e la fragilità sono dimensioni decisive della vita, anche se continuamente tentiamo di sfuggirle. C'è un senso liberante nel non dover sempre far finta di essere forti e di essere senza macchia e senza contraddizioni. La vera forza sta nel considerare la propria debolezza e nel tener vivo il senso di umiltà e di mitezza: «I miti» afferma Gesù «avranno in eredità la terra» (Mt 5,5).
Il segno delle ceneri resta perciò quanto mai attuale. È un segno austero, e tale è anche il tempo quaresimale. Ci è dato per aiutarci a vivere meglio, per farci comprendere quant'è grande l'amore di Dio che ha scelto di legarsi a gente debole e fragile come noi. E a noi, deboli e fragili, ha affidato il grande dono della pace perché la viviamo, la custodiamo, la difendiamo, la costruiamo. In troppe parti del mondo la pace viene quotidianamente sperperata mentre crescono le sofferenze di tanti popoli. Le parole del profeta Gioele risuonano forti ancora oggi: «Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un'assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti...Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti... Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo» (vv. 2,15-18). Eccome se il Signore è geloso della sua terra e compassionevole per il suo popolo! È proprio la sua gelosia e la sua compassione che ci costituiscono, come scrive Paolo ai Corinzi, «ambasciatori per Cristo». È nascosta qui la nostra forza: il Signore ha preso la polvere che noi siamo per farci «ambasciatori» di pace e di riconciliazione.
Noi cristiani siamo chiamati ad essere sentinelle di pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo. Ci è chiesto di vigilare, affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo, della menzogna e della violenza. Il digiuno e la preghiera ci rendono sentinelle attente e vigili perché non vinca il sonno della rassegnazione che fa ritenere le guerre inevitabili; perché si allontani il sonno dell'acquiescenza al male che continua a opprimere il mondo; perché sia sconfitto in radice il sonno del realismo pigro che fa ripiegare su se stessi e sui propri interessi. Nel Vangelo di questo giorno Gesù stesso esorta i discepoli a digiunare e a pregare per spogliarsi di ogni superbia e arroganza e per disporsi con la preghiera a ricevere i doni di Dio. Le nostre forze, da sole, non bastano ad allontanare il male; abbiamo bisogno di invocare l'aiuto del Signore, l'unico capace di dare agli uomini quella pace che essi non sanno darsi.