In tanti, italiani e rifugiati, con Sant'Egidio in preghiera per ricordare chi ha perso la vita nei viaggi della speranza

Nella basilica gremita le associazioni, le Chiese cristiane, le comunità - Mt 25, 31-46

“Yasmine, Khaled, Christian, Blondine…”. In una basilica affollata da uomini e donne di tanti Paesi del mondo, insieme a chi li ha salvati e accolti, sono risuonati i nomi di chi invece non ce l’ha fatta a traversare il mare. Il Mediterraneo, che è stato di pace e di dialogo in tante occasioni della storia, ma che a loro ha rubato la vita. E’ stata commossa e molto partecipata “Morire di speranza”, la veglia organizzata a Santa Maria in Trastevere dalla Comunità di Sant’Egidio insieme a tante associazioni che lavorano ogni giorno per dare un futuro a chi arriva nel nostro Paese (Acli, Associazione Centro Astalli, Caritas Italiana, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Migrantes, Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione)  per ricordare le oltre 36 mila vittime dei viaggi in mare verso l’Europa, dal 1988 ad oggi. Tra gli ex migranti, oggi già avanti nell’integrazione, tanti che sono arrivati con i barconi, insieme a chi invece ha avuto la fortuna di giungere con i corridoi umanitari, il progetto portato avanti da Sant’Egidio insieme alle Chiese protestanti italiane e alla Cei, dal Libano per i profughi siriani dal Libano e dall’Etiopia per quelli del Corno d’Africa.
Le tragedie del mare non sembrano arrestarsi. Nel 2017 le vittime sono state ancora 3.139, con una media di quasi 10 morti al giorno, mentre da gennaio ad oggi, nonostante la diminuzione degli sbarchi, risultano morte oltre 800 persone, senza contare chi ha perso la vita nella traversata del deserto o alle frontiere che separano i Paesi europei.

Nell’omelia mons. Marcello Semeraro, segretario del consiglio dei cardinali, ha richiamato la parabola del giudizio finale, osservando che "il Figlio dell'uomo farà entrare nella vita eterna persone che hanno dato da mangiare e da bere, hanno curato, visitato e servito uomini e donne senza chiedere loro: tu chi sei?".

Nel corso della veglia sono stati pronunciati ad alta voce alcuni nomi di chi è morto in mare nell’ultimo anno, accompagnati dall’accensione di candele in loro memoria e da canti in lingua intonati dagli stessi rifugiati. Alcuni di loro sono stati compagni di viaggio di chi si è stato ricordato.
“Morire di speranza” è stata promossa per non dimenticare l’attesa e al tempo stesso la sofferenza di chi cerca protezione in Europa, per non rassegnarsi o assuefarsi alle tragedie ma impegnarsi per un mondo più umano e giusto. Associazioni che, di fronte al gran discutere di immigrazione in questi giorni, chiedono che si continui a salvare, accogliere e integrare chi fugge dalle guerre, ma anche che si aprano di nuovo vie legali per motivi di lavoro, convinti che solo in questo modo le nostre società possano essere più inclusive e quindi più sicure.

La predicazione di S.E. Marcello Semeraro

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