Meditazione del card. Matteo Zuppi sugli Atti degli Apostoli (At 9,1-22) - La conversione di San Paolo

25 gennaio 2022
Santa Maria in Trastevere
Memoria della conversione di Paolo

Card. Matteo Zuppi

Atti 9,1-22
1Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. 3E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?". 5Rispose: "Chi sei, o Signore?". Ed egli: "Io sono Gesù, che tu perséguiti! 6Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". 7Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. 8Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. 9Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.
10C'era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: "Anania!". Rispose: "Eccomi, Signore!". 11E il Signore a lui: "Su, va' nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando 12e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista". 13Rispose Anania: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. 14Inoltre, qui egli ha l'autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome". 15Ma il Signore gli disse: "Va', perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele; 16e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome". 17Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: "Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo". 18E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, 19poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, 20e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. 21E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: "Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?".
22Saulo frattanto si rinfrancava sempre di più e gettava confusione tra i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.

Meditazione del card. Matteo Zuppi

Oggi ricordiamo la conversione di san Paolo, quella luce che lo avvolge, la fa cadere a terra, che lo libera da quel buio che si portava dentro. È una luce che illumina, come sempre la Parola di Dio, e si rivolge a lui direttamente. Lo chiama per nome, gli chiede il perché, lo mette davanti alla radice delle sue scelte, chiede conto delle proprie azioni e pensieri. Ci fa sperimentare la pochezza della nostra vita e delle nostre risposte, ci mette davanti a noi stessi senza diaframmi. Ma la parola non annichilisce, anzi ci restituisce a noi stessi. Ci fa come rientrare in noi e, per questo, ci lega a dei fratelli.
Cadere a terra è ritrovarsi umiliati, cioè la consapevolezza di come si è per davvero, perdendo quelle sicurezze che non facevano più vedere il prossimo, che ispiravano giudizi, che li facevano credere verità. E che allontanavano le domande, la ricerca, il dubbio, la fatica di credere, fatica a cui siamo chiamati tutti e che non si smette di dover affrontare, perché sono le tante domande della vita e quelle di un Signore che non smettiamo di conoscere, perché non siamo degli schiavi che non sanno ma siamo degli amici che non smettono di imparare, di comprendere e, per questo, di convertirci.
Ma il contrario non è perdersi nelle infinite interpretazioni del proprio io, che fanno credere che tutto è possibile. Il contrario non è non definire nulla, per cui diventa vero e importante solo quello che serve o che diventa mio. Il contrario è il “tu”, che risponde alla vera domanda della vita: Chi sei, Signore?
Dio non è una luce indistinta, un ente da interpretare a seconda delle proprie sensazioni o convenienze, che si adatta a queste e poi alla fine le deve benedire e rassicurare, insomma a servizio del benessere soggettivo. Ma può l’io trovare se stesso senza incontrare e continuare ad incontrare, un tu, conoscerlo, vederlo meglio, lasciarsi illuminare ancora di più da lui?
“Io sono Gesù”. Io sono per te la luce che vince le tenebre nascoste nel cuore, quelle che possono essere il buio dello sconforto, quelle che si riaffacciano non richieste, quelle che sono anche la verità abbacinante per cui non vedo nient’altro. Saulo si trova in una condizione nuova, un incontro personale e dover cercare quello che sembrava sicuro. Deve come imparare a vedere e, cieco del suo orgoglio, impara a vedere con amore e la parola del Signore continua ad aiutarci a vedere.
È duro confrontarci con l’insicurezza, che può raggiungerci in maniera inaspettata che mette in discussione quello che appariva certo. È faticoso, ma è l’unica via per incontrare il Signore, per lasciarsi condurre da lui.
Ti sarà detto ciò che devi fare. Cioè, ascolta la parola, fatti condurre da questa, inizia a cercare senza sapere prima, impara ad affidarti, a lasciarti condurre da qualcun altro e, soprattutto, lasciandoti aiutare. Impara sempre di nuovo e il Signore, ed è la provvidenza, suggerisce ad Anania, vincendo anche le sue resistenze ma docile alla parola, gli suggerisce di andare da Saulo.
E tutti possiamo essere, proprio se siamo docili alla parola, coloro che aprono gli occhi, che aiutano a cambiare e a vedere. La scelta di Dio, che è vedere ed essere pieni dello Spirito, ridona finalmente l’incontro con sé stessi e con lui.
Ma abbiamo sempre bisogno di una comunità per vedere e per cambiare e la conversione non è mai qualcosa collocata in un momento particolare, ma ci porta e ci riporta alla comunità dei fratelli. Tutti dobbiamo sempre convertirci al Signore, solo così difendiamo e ricostruiamo l’unità.
L’unità tra di noi, l’unità nel mondo diviso, l’unità tra i cristiani, che non è una buona regola di condominio, che è già qualcosa quando si litiga difendendo le proprie verità. L’unità è l’amore vicendevole, il servizio ai fratelli, la comunione intorno alla sua parola. Anche perché unità e pace sono sempre molto unite e quando vince la divisione, anche piccola, è sempre in pericolo la pace.
E infine, proprio il 25 gennaio del 1959, con grande coraggio papa Giovanni XXIII annunciò la sua scelta di indire un Concilio per non restare a guardare il passato, cosa facile per tutti, “perché la Chiesa si accresca in ricchezze spirituali e attingendovi – son le sue parole – il vigore di nuove energie, guarderà con sicurezza ai tempi futuri”. Non aveva paura di confrontarsi con il suo tempo, con la storia e di guardare i tempi futuri, di cercare con sicurezza i tempi futuri.
“È proprio questa conversione a liberarci dallo zelo che non fa valutare i fatti – sono sempre le parole di Giovanni XXIII all’inizio di quel Concilio che aveva annunciato il 25 gennaio – quello zelo per cui non si sa vedere altro che rovine e guai, che cancella la storia, perché costoro non hanno nulla da imparare dalla storia e finiscono col vivere senza speranza per annunciare sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo”.
“La conversione porta, invece, a vedere i misteriosi piani della Provvidenza, ad usare la medicina della misericordia, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento, dell’insegnamento di Gesù, piuttosto che condannando, cioè giudicando”. E poi diceva: “È appena l’aurora”, lo ripeteva sempre monsignor Capovilla.
La serena fiducia di papa Giovanni ci doni di lasciar entrare la luce del Signore nel cuore, per essere luminosi e perché tanti, che camminano a tentoni nella confusione, nell’incertezza, nella paura, nell’aggressività, possano incontrare attraverso di noi l’amore che mostra il cammino, che risponde alla vera domanda del cuore ed anche che per continua ad essere sempre appena l’aurora.

 

 

Ascolta in podcast