INTERVISTE

Sogni di pace per l'Ucraina. Ne parla Marco Impagliazzo a TV2000

Proprio ieri l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri ha detto “questo non è il tempo della diplomazia”. Cosa vuol dire questo Marco Impagliazzo? Che noi ci stiamo preparando a mettere altri soldi sulle armi all’Ucraina?

“Sì questa sarebbe l'intenzione, detta con le parole di Borrel, anche se mi sembra che molti paesi tra cui l’Italia hanno negato che le prospettive dell'uso dei fondi del PNRR vadano alla produzione di altre armi, in particolare di munizioni.
Io poi non sono d'accordo sul fatto che non sia l'ora della diplomazia. Anzi è ancora di più l'ora della diplomazia che fino adesso si è dimostrata troppo nana per contrastare una guerra terribile, che sta creando delle conseguenze disastrose per due popoli, particolarmente per quello ucraino.”

Noi ci aiutiamo con le domande a Marco Impagliazzo, come al solito, con alcuni numeri che abbiamo preparato e sono numeri dolorosi quelli di oggi. Il primo numero per esempio è 23.760. Che cosa rappresenta? È il numero di civili morti o dispersi in Ucraina e, con ogni probabilità, è al ribasso perché poi ne sono morti ancora questa settimana. Questa settimana abbiamo avuto l'episodio dei droni che sono stati abbattuti sopra il cremlino, siamo andati vicino ad un’ulteriore escalation, ormai quasi non fanno più notizia, però questo significa Marco impagliazzo che la soluzione è ancora lontana, cioè la guerra è proprio guerra forte.

“Sì, purtroppo siamo nel mezzo di una guerra forte, come dici tu, e siamo nel mezzo di una guerra che non accenna a terminare. Anzi, sentiamo dire che si prepara una controffensiva dell’Ucraina nei confronti della Russia. Tutto questo significa ancora più morti, nuove distruzioni, nonostante in Ucraina si stia già ricostruendo. C’è stata a Roma una conferenza sulla ricostruzione che è già iniziata in questo paese. Però, le distruzioni le morti e soprattutto la perdita delle case, delle scuole, degli ospedali in Ucraina è veramente tragica e sono milioni le persone sfollate interne o rifugiate in altri paesi europei.”

Ecco proprio a proposito di questa ultima frase abbiamo un numero che le conta, anche qui sono stime delle Nazioni Unite quindi non saranno precisissime al centesimo, però il numero è 5.065.235: questo è il numero di rifugiati ucraini accolti in Europa. La crisi umanitaria è enorme. L’Europa sta facendo il suo dovere?

“L’Europa ha fatto il suo dovere da un punto di vista di accoglienza degli ucraini sfollati e ci siamo comportati molto bene allargando e aprendo la protezione speciale a tutte queste persone che sono ancora nei nostri territori europei. Il problema come dice papa Francesco, è non abbassare la guardia e non  ridurre l'accoglienza perché altrimenti viene “il tempo degli avvoltoi” come dice il papa, soprattutto nei confronti delle donne ucraine. Ormai molte di loro si sono inserite nelle nostre società, anche se il loro cuore e la loro mente è in Ucraina e quindi noi speriamo che possano tornare presto nel loro paese. Poi c'è da aggiungere a questo numero che tu davi, un numero simile di sfollati interni, di gente che ha perduto la casa o che è fuggita, che scappava dai luoghi dove la guerra è più forte e si sono rifugiati all'interno della stessa Ucraina. Quindi sono sofferenze raddoppiate.”

Lei, poco fa, ha citato papa Francesco. Allora, le faccio vedere un numero che papa Francesco conosce bene. Secondo fonti ucraine sono 19.500 i bambini ucraini deportati in Russia. Perché citavo papa Francesco? Perché papa Francesco ha detto proprio nel viaggio di ritorno dall’Ungheria che la Santa Sede, farà di tutto per riportare questi bambini a casa. Poi ha anche parlato di una missione, confermata dal segretario di stato Parolini. Insomma cosa sta succedendo? E secondo lei che cosa possono fare oggi il papa e il Vaticano?

“Sono 15 mesi che il papa chiede la pace e chiede di intavolare delle trattative ai belligeranti. E sono 15 mesi che ci chiede di pregare per la pace in Ucraina e forse lo abbiamo fatto troppo poco, perché la preghiera è alla radice della pace. Io credo che le parole del papa vadano prese sul serio; innanzitutto perché sono del papa e poi perché noi lo speriamo effettivamente. Lui ha parlato di una missione e quindi questo che cosa vuol dire? Un inviato della Santa Sede in questi paesi o in altri paesi che sono comunque coinvolti nella guerra? Non sappiamo esattamente, anche perché è una missione appunto, come diceva il papa, ancora riservata. Ma quello che è importante è che ci dice che c'è una Speranza, che c'è una missione che si apre ed è finalmente una buona notizia, dopo le tante notizie di guerre e di disperazione”