«A Roma non basta un sindaco serve una rinascita culturale»

Riccardi parla delle sfide internazionali e della Capitale: «Oggi appare senz'anima». «Il modello di integrazione fondato sulle comunità separate non funziona»

Gli attacchi del terrorismo e la necessità di una risposta forte non solo securitaria e militare ma anche culturale a partire dalle periferie delle nostre metropoli; il fallimento dei modelli di integrazione inglesi e francesi e la vitalità del non-modello italiano; il pontificato di papa Francesco e la crisi di Roma. E' un colloquio a tutto campo quello con Andrea Riccardi, uno dei più influenti leader del mondo cattolico, classe 1950, fondatore della Comuntà di Sant'Egidio, docente di Storia delle Religioni, ministro della Cooperazione Internazionale e l'Integrazione del governo Monti, insignito del premio Carlo Magno  nel 2009, indicato nel 2003 dalla rivista Time quale uno dei 30 eroi moderni per il suo impegno umanitario. il suo nome è circolato tra i possibili candidati a sindaco di Roma. Il professore si sotrae con gentilezza e sense of humour alla domanda diretta, ma ha le idee molto chiare sulla necessità di una «rinascita morale» di Roma e ce le racconta.
Professore, cominciamo dagli ultimi attentati in Turchia. Sembriamo meno preoccupati rispetto ai fatti di Parigi. E' così?
«Si, c'è una diversa reazione. Ma è un errore, perchè si tratta di un fatto molto grave. Daesch reagisce con il terrorismo quando si sente colpito e noi dobbiamo abituarci a convivere con questo tipo di terrorismo e attrezzarci a combatterlo non solo dal punto di vista militare. Il problema ci riguarda da vicino, riguarda la vita nelle nostre città. Certo, non tutti i terroristi islamici vengono da lì, ma una gran parte si: viene dalle nostre metropoli, dalle banlieues parigine come dalle periferie di Londra o di Roma. Le grandi metropoli sono oggi di fronte a un bivio: possiamo salvare l'idea stessa di città come comunità o dobbiamo rassegnarci al modello compound senza reti sociali e relazioni tra le persone? Penso a Roma: una volta in ogni periferia c'era un campanile e una sezione del PCI, oggi c'è il deserto.»
Quindi l'idea del governo Renzi di spingere anche sul pedale della cultura oltre che su quello della sicurezza non è sbagliata?
«Per le ragioni che ho appena detto non si può pensare di dare al terrorismo soltanto una risposta securitaria. I Foreign Fighters sono una sfida alla nostra identità: cosa sappiamo proporre in termini di cultura, passioni, senso della comunità, idea di un destino comune? Dinanzi al deserto delle nostre risposte tanti giovani si schiarano con il radicalismo islamico credendo di attendere l'Apocalisse dalla parte giusta.
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I fatti di Colonia però sembrano colpire al cuore l'idea stessa di integrazione.
«C'è una violenza contro le donne che è ormai un problema globale e che oggi colpisce l'avanzata Germania: c'è il problema di giovani immigrati che colpiscono al cuore la società tedesca; c'è un oscuro agitarsi di forze contrario alla scelta di Angela Merkel di aprire all'accoglienza dei profughi siriani. Una scelta giusta ma di difficile gestione. Dobbiamo aprire una riflessione seria sull'accoglienza: non alzare muri, ma coltivare identità. Il modello di integrazione fondato sulle comunità separate non funziona, forse ha ancora qualcosa da dire il "non-modello" italiano, più pragmatico, nel quale la famiglia svolge un ruolo importante
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Dietro i fatti di Colonia però c'è un'idea predatoria e proprietaria del corpo delle donne che noi a fatica cerchiamo di superare e che invece si ripropone nel cuore dell'Europa.
«Non è un problema legato solo al fatto religioso, ma riemergono i retaggi arcaici di antiche civiltà. Per questo insisto sul fatto che dobbiamo coltivare la nostra civiltà, una civiltà non gridata come fanno, in fondo allo spesso modo, i populisti e gli islamisti radicali. Non dobbiamo erigere muri né costruire un museo a cielo aperto, bensì un nuovo umanesimo che non sia un dibattito astratto ma un vissuto di popolo. A rischio di apparire retrò uso un termine della cultura di sinistra degli anni '70: quello che ci serve è una nuova cultura popolare. Il fondamentalismo nasce quando il ragazzo musulmano di seconda generazione cresciuto nelle nostre periferie dinnanzi al caos del mondo indica noi e dice: quelli sono i miei nemici. E' una terribile semplificazione da cui nasce il terrorismo, cui il populismo risponde con la medesima logica.»
In questo mondo di terribili conflitti l'unica leadership che contrappone il suo carisma al fascino malvagio del terrorismo pare quella di papa Francesco. Il suo  messaggio dunque non riguarda solo i cattolici?
«Papa Francesco spinge i cristiani a uscire dalle proprie istituzioni e ad andare nel mondo e ci propone la Misericordia come misura del genere umano, al di là delle religioni di appartenenza. Al di là delle celebrazioni e dei riti questo è il messaggio profondo del Giubileo.»
Forse anche la città di Roma avrebbe bisogno di tanta Misericordia....
«Roma, per la sua storia e il suo ruolo nel mondo, è un valore aggiunto, ma oggi assistiamo fin dalla "Roma Ladrona" degli anni '90, a un divorzio tra Roma e l'Italia e questo è un enorme probllema. Il valore di Roma oggi risulta impolverato, ognuno, compresa la Chiesa, si rinchiude nel suo particolare, vive nella sua nicchia, magari ognuno fa cose egregie ma manca quella idea della comunità, quella cultura della città che Giovanni Paolo II voleva esprimere quando disse Roma-Amor, declinando il nome di Roma in entrambi i sensi.»
Dopo Mafia Capitale Roma sembra incapace di reagire....
«In effetti oggi appare una città senz'anima. Io ho enorme stima per il Procuratopre Pignatone e ritengo benemerito il lavoro della Procura, ma contro fenomeni che investono le relazioni politiche, il modo di essere, il costume persino della città, non basta la sola risposta repressiva. Oggi c'è bisogno di una rinascita civile e culturale, di un processo costituente. C'è bisogno che ognuno esca dalla propria nicchia, come accadde per esempio nel 1974 con il convegno diocesano sui mali di Roma.»
Non dovrebbe ruotare intorno a questo il confronto per la scelta del prossimo sindaco?
«Ci sono situazioni incancrenite e non è un sindaco che fa la nuova Roma. Penso che ci siano due priorità: una rigenerazione morale e culturale e un ripensamento delle forme di governo della città oggi totalmente inadeguate.»
Vedo che ha le idee molto chiare. Si candiderebbe a sindaco di Roma?
«Le ho appena detto che non basta un sindaco, serve un processo di rigenerazione, non una persona o un singolo evento».
Ma se le chiedessero di guidare questo processo da sindaco accetterebbe?
«Arrivederci...».
Non è un no...
«Arrivederci».



[ Carmine Fotia ]