Simon e gli altri, la via legale dei profughi

Simon e gli altri, la via legale dei profughi

Duemila con i corridoi umanitari di S.Egidio. La scelta di Anna: ospiterà un'intera famiglia

Ahmir, il più piccolo, un anno appena, piange ininterrottamente da ore, troppo stanco per il lungo viaggio notturno. Fatima, a 29 anni mamma di cinque figli, lo culla cercando di tenerlo tranquillo, non riesce a godersi la festa. Yamen, Abdallah, Mohammed e Mamadouh, quattro birbanti in scala, tra i 10 e i 5 anni, corrono sfrenati mentre nella sala mensa della comunità di Sant'Egidio il ritmo dei tamburi sostiene il canto di auguri per Simon che, in Italia da due anni, ritrova adesso la sua Roudina, lacrime agli occhi, un mazzo di fiori in carta rossa in mano, in quella che è una sorta di festa di fidanzamento improvvisata: «Le avevo promesso che l'avrei fatta arrivare, lavoro sodo da due anni. Ora che l'ho ritrovata me la sposo».
Hummus e pop corn, riso e falafel, involtini in foglie di vite e spiedini di pollo, banane, mele e dolcetti. E decine di abbracci e di volti familiari di altri come loro, che prima di loro sono stati portati in salvo e che oggi sono qui ad accoglierli.
Non ci poteva essere giorno migliore dell'Aid el fitr, la fine del Ramadan, per festeggiare l'inizio di una nuova vita: quella di Simon e Roudina, quella di Fatima, Moher e dei loro cinque bimbi, quella degli altri 50 rifugiati, tutti siriani, portati via dal Libano e arrivati ieri mattina a Fiumicino grazie all'ultimo di tanti corridoi umanitari della Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle chiese evangeliche e Tavola valdese che, negli ultimi tre anni, hanno portato in Italia 1.564 persone, quasi tutti nuclei familiari in fuga dalla guerra, 1.540 dal Libano, 24 da Lesbo, a cui si aggiungono i 498 arrivati ( in collaborazione con la Cei) da Etiopia, Turchia e Giordania.
Oltre duemila persone in Italia, più di quanto abbiano accolto con i reinsediamenti 21 Paesi europei. Una goccia nel mare delle centinaia di migliaia di persone vulnerabili che sperano di essere portate via dal loro inferno. È questa oggi l'unica "via legale" per arrivare in Europa. «Per quelli che ce la fanno - dice Maria Quinto, coordinatrice del progetto Libano di Sant'Egidio - è come aver vinto la lotteria».
Maher, 36 anni, fuggito con Fatima e tre bimbi piccoli da Idlib messa a ferro e fuoco dall'Isis, ha aspettato 7 anni a Beirut ( dove sono nati altri due figli) il biglietto vincente della sua personalissima lotteria. «Grazie Italia, grazie a Sant'Egidio, i miei genitori sono in Siria ma da oggi Anna è la mia nuova mamma e io farò qualsiasi cosa per lei».

Anna è Anna Pagliaro, 67 anni, il volto bello dell'Italia generosa e accogliente, arrivata con un minivan da Cosenza a Roma per venire a prendere quella che sarà la sua nuova famiglia, che sosterrà a sue spese come ha già fatto negli ultimi due anni con un'altra famiglia siriana. Sarà lei, insieme ad una rete di associazioni e singole persone, a farsene carico e a seguire passo passo la loro integrazione.
Raggiante, non si lascia scoraggiare da quei piccoli cinque "terremoti" viventi. «Basta tanto affetto, loro lo sentono subito. Una nuova accoglienza risana tante ferite. È stato così anche per la prima famiglia siriana che è stata con me per due anni, padre, madre e quattro figlie. Adesso fanno parte della nostra comunità, il papà ha trovato lavoro come meccanico, la mamma come estetista, le figlie vanno tutte a scuola e parlano perfettamente italiano: Pamela, la più grande, ha preso 8 nel compito di latino. Ora sono del tutto autonomi».
Accoglienza e integrazione, un progetto del tutto autofinanziato che Sant'Egidio intende riproporre: «I corridoi umanitari - dice Marco Impagliazzo, presidente della Comunità - è il segno di un'Italia civile, comunitaria e cristiana e dimostra che fare bene il bene è possibile».


[ Alessandra Ziniti ]