L'«avvicinamento sociale» dei ragazzi di Sant'Egidio

L'«avvicinamento sociale» dei ragazzi di Sant'Egidio

Oltre duemila "giovani per la pace" riuniti sul web da 68 città in 16 paesi UE

Eccoli i ragazzi delle "Scuole di pace", i giovani volontari di Sant'Egidio ogni giorno accanto ad anziani soli, senza dimora, bambini delle periferie, profughi. Sono i liceali e gli universitari che nella Comunità nata a Trastevere hanno trovato il modo di concretizzare la loro voglia di fare e farsi del bene. E per diversi di loro è una "vocazione" arrivata col lockdown.
«Più uniti che mai!» è la proposta controcorrente - in tempi che rischiano di trasformare il distanziamento fisico in divisione sociale - lanciata ieri da oltre duemila Giovani per la Pace, riuniti a Roma all'auditorium del liceo Massimo all'Eur, in collegamento coi coetanei di tutta Europa.
Dopo l'appuntamento del 2019 a Cracovia e Auschwitz, l'incontro di quest'anno ad Amsterdam è saltato a causa della pandemia. Ma i Giovani per la Pace non rinunciano a lanciare un messaggio di speranza ai coetanei. E grazie ai social l'incontro arriva in modo capillare in 68 città di 16 paesi europei.
All'appuntamento «Global Friendship - More United Than Ever», aperto dal coordinatore dei Giovani per la Pace, Stefano Orlando, non manca Marco Impagliazzo. «Durante la pandemia - dice il presidente della Comunità di Sant'Egidio - abbiamo capito che guardare i poveri era il modo più efficace di capire la realtà. Anche davanti a un virus che apparentemente non fa sconti a nessuno non siamo tutti uguali. Non lo erano gli anziani negli istituti, i senza dimora che hanno sofferto più del solito, i bambini senza gli strumenti per la didattica a distanza». Impagliazzo lancia ai ragazzi l'invito a reagire alle ingiustizie: «Perché non sono eterne. E ognuno di voi può essere forza di cambiamento».
Due le piste su cui incamminarsi: «Aiutare il mondo a guarire dall'inquinamento globale dell'ambiente, così come dall'inquinamento dei cuori causato dalla violenza, che diventa stile di vita e uccide. Come per il povero Willy Monteiro».
Toccanti le testimonianze. Iphigenie, da Parigi, racconta il dramma delle case di riposo per anziani, la sofferenza dei giovani che per mesi non hanno potuto più visitarli, la gioia di ritrovarli: «Relazioni umane fondamentali per costruire l'alleanza tra generazioni». Piotr, polacco, ha speso le sue vacanze a Lesbo: «Da noi le frontiere sono chiuse per i profughi. Abbiamo scoperto che sono persone come noi, coi nostri stessi sogni. Ci impegneremo per rendere la Polonia un paese più accogliente». Laura, da Genova, racconta il successo delle "summer school", i centri estivi per combattere il rischio di abbandono scolastico. È quello che ha fatto Marta, studentessa romana di biologia: «È il lockdown che mi ha fatto venire voglia di impegnarmi. E la cosa che più ha "riempito" è stata aiutare in matematica un bambino di una famiglia del Tiburtino col papà ai domiciliari. Lui ha capito che era un'occasione da non sprecare. Io, cresciuta in un ambiente agiato, ho capito qual è la vita vera. E che il mondo è bello perché nelle difficoltà c'è chi 
si impegna per uscirne».

 


[ Luca Liverani ]