Il clochard del centro che parlava sei lingue

Il dramma. Morto in un dehors alla Crocetta
I fiori, il vino e la Juve Vita e morte del clochard che parlava sei lingue. Mostafà trovato senza vita in un dehors in corso Re Umberto Cuadrado gli aveva promesso la maglia: «Ma smetti di bere»

«Regalare qualcosa agli altri dà un senso alla tua vita». Mostafà Hait Bella lo ripeteva ogni giorno e lo dimostrava con i suoi doni, generosi e stravaganti. Musta, conosciutissimo fioraio del mercato di via San Secondo, non aveva più una casa e ormai da molti anni dormiva in strada. Nella notte tra domenica e lunedì è morto nel dehors della Caffetteria del Re, in corso Re Umberto. Da solo, avvolto in una trapunta, sotto quella panca di legno duro che era diventata il suo giaciglio abituale. Le sue improbabili maglie dai colori sgargianti e le coperte per ripararsi dal freddo sono finite in due sacchi di plastica, lasciati accanto ai binari. Dopo le polemiche per lo sgombero dei clochard dal centro, questa volta nessuno ha avuto il coraggio di gettarle in un cassonetto o di chiamare un furgone dell'Amiat.
Mostafà aveva 59 anni e la morte della moglie e dei suoi due figli piccoli, in un incidente stradale avvenuto tanti anni fa, lo aveva segnato profondamente. Aveva lasciato i sei fratelli in Marocco e ed era partito per l'Italia. Parlava correntemente sei lingue, amava dissertare di filosofia e raccontava di avere due lauree. Di sicuro era un grande esperto di botanica e ha lavorato in un vivaio sulla collina di Pecetto. Poi ha iniziato a vendere fiori all'angolo tra via Legnano e via San Secondo, diventando la star del mercato: «Era un personaggio fuori dal comune, sempre sorridente e gentile - raccontano Rosa e Luciana, due commercianti che rappresentavano un pezzo della sua famiglia - Delle piante conosceva ogni segreto e parlare con lui era davvero un piacere. Purtroppo le cose non gli sono andate bene».
Le difficoltà economiche, la multa dalla Finanza, poi la perdita della casa e della licenza. Per qualche tempo ha dormito nella sua vecchia Punto bianca, diventata il suo negozio, ma uno schianto contro il tram in corso Re Umberto lo ha fatto precipitare in un tunnel senza fine. «Ha perso tutto, ha cominciato a bere e a vivere per strada, ma non si è mai spostato da questo quartiere - conferma Rita Tesi, titolare di un banco di frutta e verdura - Si ricordava tutti i compleanni, portava sempre regali, impossibile non volergli bene, anche quando il suo problema con l'alcol è peggiorato. Non ha mai chiesto l'elemosina e non ha mai infastidito le persone. Però un panino lo accettava volentieri, ma ormai non mangiava quasi più».
Amava il calcio e qualche tempo fa si era fatto scattare una fotografia con Juan Cuadrado, il calciatore della Juventus fra i banchi del mercato: «Gli aveva chiesto anche la maglia, ma Cuadrado gli ha risposto che l'avrebbe avuta solo se avesse smesso di bere. Non l'ha mai fatto». Ieri la Caffetteria del Re è rimasta chiusa in segno di lutto: «Era il minimo che si potesse fare - precisa la proprietaria Eunice Russo - Dormiva nel nostro dehors da 9 anni, ma non ha mai dato fastidio».
Quella di Musta era una presenza fiera e gentile. Ogni tanto passava alla Casa di Santa Luisa, al «24» di via Nizza, per una colazione, una doccia o semplicemente per un saluto. «Cercava sempre di regalarci un fiore - dicono i volontari - E se non lo trovava portava un rametto di rosmarino. Lui era così, speciale». Era seguito dai servizi sociali e a un medico dell'Asl aveva regalato una stecca di sigarette, comprata con i primi soldi del reddito di cittadinanza. Che adesso gli era stato bloccato per la mancanza di un certificato.
Sognava di tornare presto in Marocco: «Purtroppo non ce l'ha fatta - si commuove Stefania, l'amica che gli è stato accanto fino all'ultimo - Un mese fa era stato in ospedale per una crisi epilettica, ma nonostante le sue condizioni era stato dimesso. Domenica sera l'ho visto in via Gioberti, non riusciva a stare in piedi. Lo volevo portare in ospedale, ma è stato irremovibile. Gli ho scattato un'ultima foto e Musta mi ha salutata dicendo: "Stai tranquilla sorella non preoccuparti per me"».
Sulla morte di Mostafà indaga la polizia, ma il decesso sembra dovuto a cause naturali. Alla Crocetta i commercianti si stanno organizzando per agevolare il rimpatrio, mentre l'arcivescovo Cesare Nosiglia ha commentato: «E un fatto che ci stimola a fare ancora di più. Abbiamo in programma incontri con il prefetto, la sindaca e le associazioni. Non bisogna pensare solo a dormitori di massa». Per la Comunità di Sant'Egidio, infine, quella di Mostafà è una morte «evitabile che chiama, alla responsabilità di tutti, a partire dalle istituzioni. Nessuno deve più morire per inospitalità».


[ Massimo Massenzio ]