Reagire al declino con l'impegno gratuito nel mondo
I decenni della globalizzazione hanno reso ancor più difficile la lettura del mondo da parte della Chiesa. Molti sono i terreni in cui si trova ad operare. Nel confronto con la realtà ci vorrebbe un maggiore senso storico e un aggiornamento di pensiero: c`è stato solo in parte, non per cattiva volontà, ma soprattutto perché siamo in una stagione dominata dalla geografia delle emozioni o delle reazioni rapide e poco pensate, anche per la pressione della comunicazione. E mancata talvolta l'assimilazione di quegli stimoli che sono i «morsi della storia», come negli anni della sfida del comunismo, delle ideologie, dei contatti coni mondi sofferenti o da evangelizzare.
La Chiesa cattolica ha lasciato da sempre grande spazio all'emozione e al sentimento. C'è una seria storiografia sul sentimento religioso nel cattolicesimo, che ne rivela la ricchezza e la serietà lungo i secoli. Ma la Chiesa vive anche di visioni, maturate nei tempi lunghi della riflessione sulla vita e sulla storia. E ancora il luogo delle parole, dove si esorta, si risponde, si discute, si pensa, si studia, si ascolta, si prega. Tuttavia la globalizzazione si è imposta inaspettata, prepotente, un po' misteriosa nelle conseguenze: sembrava non cambiasse nulla ed è cambiato tanto. C'è bisogno di pensiero, riflessioni sulla vita e la realtà. (...)
La novità di Francesco, dal 2013, è stata questa: attorno al Vangelo sine glossa, ha proposto alcune visioni e strade per i cristiani nel mondo globale. Non si poteva presumere, in modo miracolistico, che l'entusiasmo dell'elezione si trasformasse nella soluzione dei problemi. Ha manifestato un`originalità di pensiero: una Chiesa nella storia e non adattata a essa. Francesco, continuando a comunicare il Vangelo senza nascondere le povertà della Chiesa (quelle morali o strutturali, ma anche di visione e di passione), ha aperto alcune strade per un cristianesimo nella storia globale.
Parecchi cattolici sono passati rapidamente dall'entusiasmo per Bergoglio alla delusione. Francesco ha comunicato il Vangelo, spingendo tutti i credenti a farlo e a sperimentare l`insicurezza di una condizione di passaggio, poi ha aperto alcune piste di lettura e di esperienza fattiva nella storia: preghiera e domanda di Dio; bisogno di misericordia in un tempo duro e dai meccanismi spietati; tenerezza in un mondo di soli, migranti, poveri; ecologia, pace e fraternità...
Il messaggio di Francesco può piacere o no. Può essere accolto, respinto o ignorato. Ma esiste. A partire da tale «fonte», si può vivere, operare, rinnovare e soprattutto sperare. (...)
Non ci sono risposte semplici a un fenomeno tanto complesso e lungo, quale la trasformazione religiosa. Il volontarismo riformista ecclesiale è espressione di lodevoli tentativi, che però non sono soluzioni. Anche Papa Francesco non ha proposto «piani» o soluzioni. L'unica riforma, quella della Curia, non è così decisiva.
Certo c'è qualche decisione da prendere e qualche nodo da sciogliere: bisogna aver fiducia nelle comunità cristiane, dar loro la possibilità di vivere e di provare ad andare verso il futuro, sostenerle nella soggettività creativa, che è qualcosa di semplice e d'insostituibile, un intreccio tra passione, simpatia, carismaticità. Penso alla vita di comunità, di credenti diversi, di gente nel mondo e nella crisi, di monaci e monache, di religiosi, di parrocchie, di laici, di spirituali, di gente comune, di amici dei poveri e di chi altro non so.
Qui sorge una grande domanda, forse un po' prosaica: come possono nascere realtà rinnovate da un tessuto invecchiato, con un clero non più giovane e sotto il peso delle strutture? Bisogna avere il coraggio, comunicando il Vangelo, di liberare energie costruttive e creative, di suscitarle, di dare fiducia e sostegno a differenti realtà ecclesiali pur nell'imperfezione. Si deve lasciar crescere e investire sul futuro: è íl compito di una generazione. (...) La crisi, nei suoi molteplici aspetti, è lotta per la Chiesa (per i problemi sia esterni sia interni, i quali s'intrecciano). Papa Francesco ha accettato questa categoria della «crisi» per definire la situazione attuale della Chiesa, aggiungendo: «Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l'autopsia di un cadavere». La Chiesa nel mondo contemporaneo è chiamata a una condizione «agonica», cioè di lotta. E una condizione che Miguel de Unamuno aveva intuito nell'Agonia del cristianesimo, quando scriveva: «Bisogna definire il cristianesimo agonicamente, polemicamente, in funzione della lotta». Agonia non vuol dire morte, anche se nella lotta si sfiora talvolta la morte o si rischia la fine. Nonostante qualche volta si abbia la percezione di un declino quasi inarrestabile, agonia, nel senso profondo, è lotta, non rassegnazione. Perché ogni vera lotta «per la Chiesa» (se si può usare l`espressione) è allo stesso tempo combattimento per il mondo e nel mondo.
La lotta di oggi è essere a contatto con l'indifferenza, il discredito al massimo grado, il ridimensionamento nei fatti e nelle esistenze. Per i cristiani è facile non lottare: si è tollerati come nicchia. L`espressione di Unamuno è forte e cogliente: al declino si risponde accettando la crisi e vivendoci dentro, con l'agonia di una vita non rinunciataria.
Del resto non si tratta di una lotta contro qualcuno o qualcosa, che scomunica, scredita, aggredisce. Tante volte la Chiesa è tentata dagli scontri frontali. È un modo di far sentire che si è vivi. Ma anche di perdere spazi di attrazione e dialogo, stando al gioco delle polarizzazioni. La Chiesa, per la sua ragione profonda di essere, lotta esistendo e incontrando altri mondi. Non si tratta di conquistare, perché la sua esistenza è fondata sulla gratuità, alternativa a una società dove ciò che vale si vende e si compra, anzi dove quasi tutto si vende e si compra. L'eucarestia appare il fatto più inutile e senza ricadute: totalmente gratuito. Eppure centrale. La prossimità ai poveri e ai feriti della vita caratterizza le Chiese in modo particolare. (...)
La crisi non è declino, o forse è declino di modelli di ieri. È anche logico che il passato declini: soprattutto la crisi è un passaggio verso il futuro, non solo di generazione, ma di concezione del mondo, con l`affermazione delle dimensioni globali e, alla fine, dell'esperienza dolorosa (e globale) della pandemia. Il cristianesimo, più che un'istituzione da conservare il più possibile, è una realtà del nostro futuro. Più che difendere le posizioni del passato o talvolta i loro resti, c'è da realizzare una scoperta del cristianesimo come parte integrante del futuro.
[ Andrea Riccardi ]