Il Papa sarà al Colosseo alla Preghiera per la pace promossa da Sant'Egidio

Il Papa sarà al Colosseo alla Preghiera per la pace promossa da Sant'Egidio

Intervista a Impagliazzo
Nel pomeriggio del 7 ottobre

Francesco suggellerà, nel pomeriggio del 7 ottobre al Colosseo, la chiusura dell'Incontro internazionale «Popoli fratelli, terra futura. Religioni e Culture in Dialogo» presentato oggi nella sua 35 edizione. L'incontro si svolgerà il 6 e 7 ottobre con quattro forum presso il centro congressi della Nuvola all'Eur. Partecipano leader religiosi, del mondo della cultura e delle istituzioni provenienti da diversi continenti.
«Naturalmente, accogliamo questa notizia con grande gioia», ha affermato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio. «Il Papa ha guidato - mi permetta di dirlo - il mondo, durante la pandemia. Il suo ormai celebre discorso, il 27 marzo 2020, sulla crisi e sulla pandemia e come uscirne, è un po' la guida del nostro incontro. Già lo scorso anno ci fu un'edizione ridotta di questa Preghiera per la pace in Campidoglio, con la presenza del Santo Padre, e aveva proprio il titolo "Non ci si salva da soli". Questa nuova preghiera per la pace, con maggiori presenze visto l'alleggerimento della pandemia, vuole continuare su quel solco: non ci si salva da soli; popoli fratelli e terra futura, cioè lo sguardo sulla fraternità universale e sulle crisi ambientali, cioè come lavorare per un mondo che rispetti l'ambiente e che prepari un futuro per i nostri figli e nipoti».
Siamo ormai a un anno dalla pubblicazione dell'enciclica «Fratelli tutti»: secondo lei, quale breccia ha fatto questo documento?
Direi innanzitutto che è un testo di riferimento che indica il futuro del mondo, perché la pandemia ha dimostrato che da soli né i popoli né le persone vanno da alcuna parte. Restiamo in una situazione di estrema fragilità. L'unica risposta che può esserci è proprio quella del camminare insieme e del costruire le basi per una fraternità universale, naturalmente ciascuno nella sua diversità ma uniti, tenendo conto e pensando soprattutto ai popoli e alle persone più in difficoltà e finora scartate dalle grandi società mondiali.
Le leadership politiche dei maggiori Paesi del mondo secondo lei sono state interpellate da questa enciclica?
Io credo di sì, perché in questo mondo, oggi, non ci sono grandi discorsi di riferimento. Parliamo sempre molto del presente oppure i ragionamenti sono soprattutto a livello economico, seppure c'è una nuova sensibilità ambientale, come dimostra la prossima Cop a Glasgow. È per questo che Sant'Egidio riunisce i rappresentanti delle grandi religioni mondiali, cercando di spingere tutti verso questo sogno e disegno della fraternità: primo, per interrompere la spirale della violenza, delle guerre e del terrorismo nel mondo, perché ci sono ancora migliaia di persone che muoiono. Secondo, perché le religioni che in un certo senso diventano sorelle possono dare un grande contributo a una nuova cura dell'ambiente. Penso, tra queste, alla grande opera del Patriarca ecumenico Bartolomeo che da anni insiste su questo tema e che sarà tra i protagonisti dell'Incontro di Roma.
Come la crisi afghana sta interpellando le attività della Sant'Egidio? In quale misura, secondo voi, è realmente possibile un dialogo con i talebani?
Ci interroga su due punti essenziali: l'inutilità della guerra. Il secondo è quello dei migranti: la crisi afghana ha dimostrato una volta di più che le migrazioni sono migrazioni forzate, in questo mondo, dovute alle grandi crisi internazionali oltre che alle crisi ambientali. In terzo luogo, l'Afghanistan è un Paese che non va dimenticato: non ci sono popoli o Paesi al mondo che vanno lasciati da soli. Naturalmente, sempre se questi popoli o chi li governa, hanno intenzione - diciamo - di collaborare, di aprirsi al mondo. E quindi l'appello agli afghani è di non chiudersi a un dialogo, a un incontro, con gli altri popoli.

 


[ Antonella Palermo ]