L'esercito della pace....sparso in tutto il mondo

Le testimonianze

Molti conoscono la Comunità di sant'Egidio attraverso le immagini dei Tg che, a Natale, parlano del pranzo dei poveri nella basilica di Santa Maria in Trastevere. In realtà, sant'Egidio è una grande associazione di laici riconosciuta dalla Chiesa, presente in 73 Paesi, con la partecipazione di oltre 60mila persone e migliaia di volontari. La sua missione consiste nel diffondere il Vangelo, essere solidale con i poveri e contribuire alla costruzione della pace, come ha sottolineato papa Francesco in occasione della sua visita alla Comunità il 15 giugno 2014: «Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. Camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società, che è la vera rivoluzione».
Oggi la Comunità è impegnata su vari fronti, in Europa contro ogni forma di razzismo, in Africa e in America Latina contro la diffusissima violenza urbana. Le sue Comunità, sparse in ogni angolo del mondo, sono in prima linea nella sensibilizzazione verso i ceti più deboli: anziani soli, disabili, carcerati.
In tutti i continenti le sue Scuole della Pace si preoccupano di proteggere i diritti dei minorenni: dall'iscrizione all'anagrafe alla scolarizzazione. Con il programma "Dream" per la prevenzione e la cura dell'Aids, inoltre, sant'Egidio assiste 260mila persone in 10 Paesi africani.
Il presidente della Comunità, lo storico Marco Impagliazzo, continua il suo impegno proprio nella direzione delle tre "p" (preghiera, poveri, pace) indicate dal Sant
o Padre. Lo incontriamo per parlare del suo rapporto con la fede e del suo legame con la Madre Celeste, una vera e propria guida amorevole nella sua missione, come ci spiega lui stesso.
È stato educato alla fede cattolica e il suo credo è mai entrato in crisi?
«Sì, la mia era una famiglia cattolica impegnata: mio padre faceva parte del movimento dei Focolari. Nell'età dell'adolescenza ho avuto dei dubbi e non andavo volentieri a Messa. Poi, nel 1977 partecipai alla contestazione studentesca e occupai il mio liceo, in una zona elegante di Roma dove abitavo. Proprio in quell'occasione cambiò il mio controverso rapporto con la fede di quel periodo».
In che modo?
«Alcuni rappresentanti della Comunità di sant'Egidio 
mi illustrarono uno studio sul rapporto tra scuola e città, poi mi portarono a scoprire le periferie romane. Io non conoscevo quelle zone: mi spiegarono la loro storia e andai a fare scuola ai bambini che vivevano lì. Rimasi molto colpito dalla loro povertà. I ragazzi della Comunità mi spiegarono che il loro non era solo un rapporto sociale con i poveri ma anche spirituale, perché nei poveri trovavi Gesù. Partendo dal sociale ritrovai la mia fede. Ripresi ad andare a Messa e cominciai a frequentare sant'Egidio. Come dice il Papa: il centro si capisce dalla periferia. Anche oggi molte persone si avvicinano alla Chiesa partendo dai poveri».
Quali sono le sue preghiere?
«Quelle classiche come l'Ave Maria e il Padre Nostro. Prego molto anche con i Salmi, che sono il cuore della preghiera serale della nostra Comunità perché li c'è la vera realtà dell'uomo. Poi diciamo la preghiera per la pace e per i malati, ricordando infine i Paesi in guerra».
Esiste un suo luogo privilegiato per la sua preghiera?
«La mia stanza, poi la chiesina di sant'Egidio 
in Trastevere, che teniamo aperta tutti i giorni per la preghiera davanti all'icona del volto di Gesù».
Cosa prova verso la Madonna?
«Per me Maria è la Madre, la dolcezza, la consolazione. In Sant
a Maria in Trastevere abbiamo una sua icona del
VII secolo dedicata a Lei, Madre della Clemenza e della Pace, a cui affido le mie preghiere».
Ha ricevuto delle grazie o dei segni dalla Madre Celeste?
«Certamente ho ricevuto tanti segni della sua benevolenza, della sua protezione e del suo aiuto, non solo per me ma anche per situazioni difficili, come nel 1992 per la pace del Mozambico».
È legato a un santuario in particolare dedicato alla Madonna?
«Io mi sento a casa in Sant
a Maria in Trastevere: non ha gradini, sembra un porto sicuro in continuità con la piazza, meta di pellegrini e bisognosi. Da figlio mi sento accolto da quello sguardo della Madonna nell'icona bizantina e sempre mi colpisce nel mosaico della facciata l'abbraccio fra Maria e Gesù».
Cosa la colpisce di quel gesto?
«Mi fa capire che nella vita vince sempre l'abbraccio».
Come nacque l'idea della cena di Natale nella basilica?
«L'idea venne nel 1981 a monsignor Vincenzo Paglia che disse: "Non possiamo lasciare soli i poveri a Natale", poi si è allargata a tanti luoghi del mondo».
Cosa pensa di Francesco?
«È il Papa, ne penso tanto bene: un grande padre per tutti noi e per la Chiesa. Accolgo con molta attenzione la sua parola e il suo messaggio. Il mio incontro con la fede è passato dalle periferie e lui ci ricorda sempre che esse sono un grande riferimento spirituale. Francesco è un uomo che ogni giorno come sfida apre una frontiera nuova: anche io tendo a proteggermi, mentre uscire da noi stessi è un'idea geniale perché crea una Chiesa per tutti».

 


[ Corrado Occhipinti Confalonieri ]