Attesa, paura, amicizia, fede: una vita nella seconda lettera

In un libro 10 anni di corrispondenza tra una donna e un detenuto «Un'esperienza sconvolgente, ma prima di iniziare pensateci bene»

«È stato bello ricevere una lettera da te, ieri sera. È stato particolarmente importante ricevere la seconda lettera, perché quando qualcuno mi scrive per la prima volta non so mai se scriverà di nuovo, dopo la mia risposta...». Se il destinatario è un condannato a morte la prima lettera si scrive per curiosità, la seconda diventa una scelta quasi sempre senza ritorno.
Per il carcerato quel pezzo di carta è un filo sottile di futuro a cui aggrapparsi in uno spazio di due metri per tre senza finestre. Un rettangolo che chiamano cella ma è già una tomba. «Dico sempre di pensarci non una, ma cento volte prima di scrivere a un condannato a morte perché se poi si smette è come ucciderlo prima del tempo».
Laura Bellotti cominciò nel dicembre 2012 quando sua figlia le girò il link della Comunità di 

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 "scrivi a un condannato a morte". Da allora non ha mai smesso di spedire prima lettere e poi email a James Aren Duckett, detenuto nella Florida State Prison dal 30 giugno 1988.
Laura ha raccolto i suoi dieci anni di corrispondenza in un libro che s'intitola, appunto, La seconda lettera (lanieri Edizioni, pp. 405, euro 19,90). Un volume che, attraverso le epistole, racconta le atroci incoerenze di un sistema giudiziario quello quello americano - che in molti Stati infligge ancora la pena di morte.
Jim, così lo chiamano tutti, è rinchiuso con l'accusa di aver stuprato e ucciso una bambina di undici anni. In questi 33 armi, Jim lotta con i suoi legali per affermare la propria innocenza e per evidenziare le incongruenze e i malfunzionamenti del sistema giudiziario (e carcerario) degli Stati Uniti d'America. È stato accusato e poi condannato sopratuttto sulla base di una testimonianza che la stessa testimone - una sedicenne - ha successivamente dichiarato essere falsa.
«Nella sua prima risposta Jim mi ha raccontato tutta la sua storia, io ho evitato di fare ricerche su intemet ma ad un certo punto gli ho chiesto il permesso di informarmi per capire meglio come funziona il sistema giudiziario americano. Ho approfondito, ho letto tantissimo e ho studiato gli atti e mi sono sempre più convinta che Jim sia vittima di una grande ingiustizia. Negli Stati Uniti il 4% dei condannati a morte è innocente, un uomo su venticinque viene ammazzato dallo Stato senza alcun motivo».
Lettera dopo lettera Laura ha scoperto tutte le assurdità di questa vicenda kafkiana ma soprattutto si è legata a quest'uomo che ormai considera uno di famiglia. «È come mio fratello», dice senza esitare. «Mi sembra di conoscerlo da sempre. È incredibile che, nonostante la differenza dei nostri due mondi, la lontananza e i tempi lunghi della posta, sia diventato come un fratello col quale si può parlare liberamente di tutto e sentirsi così in sintonia», scrive Laura in una delle sue lettere.
Il libro è quindi anche il racconto di un'amicizia cementata dalla scrittura, un fiume di pensieri che negli anni è diventato la storia comune di Jim e Laura. Attraverso le parole il carcerato ha consegnato a Laura il suo dramma giudiziario e la sua vicenda di detenuto costretto a sperare ogni giorno in uno spicchio di cielo e a vedere i suoi compagni di sventura suicidarsi, ammalarsi, morire di solitudine o di disperazione. «Jim mi racconta della sua vita scandita dai passi delle guardie che ogni mezz'ora, anche di notte, fanno la ronda. Controllano, spiano, sorvegliano che tutto sia à suo posto. Il giorno in cui i passi che Jim sentirà avvicinarsi alla sua cella saranno più di due, vorrà dire che il governatore ha deciso che è arrivata la sua ora».
Laura ripensa spesso a Jim la cui vita è appesa a quel calpestio, se e quando sentirà sempre più forte il rumore dei passi delle guardie, i pochi centimetri che lo separeranno dalla fine, e quale sarà il suo ultimo pensiero. E ogni volta è sopraffatta dallo stupore per come la fede in Dio riesca a sorreggere quest'uomo nonostante tutto. «Quando mi soffermo a pensare alla sua situazione mi domando come fa a mantenere un equilibrio e a non impazzire... Come fa ad aver ancora fiducia nello Stato, convinto che prima o poi gli permetteranno di dimostrare la sua innocenza? Come fa ad avere una fede così granitica». Jim non è mai disperato, spera che accada qualcosa.
Laura sognava che per l'uscita del libro lui fosse fuori. Non è stato così ma non ha smesso di sperare soprattutto da quando, pochi giorni fa, un altro condannato a morte è stato scarcerato dopo più di trent'anni. La Bellotti va anche nelle scuole a spiegare agli studenti come e perché ha deciso di avviare e continuare a scrivere a un condannato a morte. A tutti ripete la stessa cosa: prima di farlo pensateci non una ma cento volte. E spiega che la seconda lettera è molto più importante della prima perché è una promessa di futuro.

 


[ Lucia Esposito ]