L'anagrafe per i piccoli dell'Africa

L'anagrafe per i piccoli dell'Africa

I bambini invisibili sono ora sotto gli occhi di tutti a Ouaga, come viene chiamata la capitale del Burkina Faso da chi ci vive. «Oggi li si vede a tutti i semafori, davanti ai mercati, i volti provati, le mani tese a chiedere l`elemosina», racconta Herman Boena.

Ai quasi 1o mila bambini di strada che vagano come fantasmi, piaga antica qui, si sono aggiunti gli sfollati. Un abitante su 4: oltre un milione e mezzo, soprattutto donne e bambini, in un Paese di 6 milioni. Il 50% in più rispetto a un anno fa. Tant`è che, nell`intera regione del Sahel, 6 sfollati interni su 10 sono adesso burkinabé. Oltre il 60% bambini, di cui 9 mila non accompagnati, stima l'Unhcr. Piccoli in fuga dal terrore jihadista che ha spazzato via molti villaggi, a Nord e a Est. Partiti senza nulla, nemmeno i sogni che per anni hanno accompagnato le fughe degli adolescenti. Perché la mobilità dei ragazzi in Burkina Faso - Paese grande come l'Italia con tassi di analfabetismo e povertà elevati persino per i parametri africani - rappresenta da tempo una forma di emancipazione: i bakoroman spesso si presentano come avventurieri andati in cerca di fortuna a Ouagadougou. In realtà la vita di strada, segnata da illegalità e droga, rende difficile il ritorno al villaggio.

A Issa è andata bene. «Dopo più fughe da casa i miei mi hanno spedito in un istituto, ma sono scappato anche da lì perché mi picchiavano. Vorrei tornare ma mio padre non ne vuole più sapere di me» ci aveva detto tempo fa sull'avenue Kwamé Nkrumah, quella dell'attentato al bar Il Cappuccino che nel 2016 terrorizzò la capitale. Aveva 17 anni, gli ultimi 5 passati in strada. Ha impiegato un po` a smettere di sniffare colla, la droga a buon mercato che rende la vita di strada «sopportabile». Poi con il sostegno della Comunità di Sant`Egidio è rientrato a casa e a scuola.

I piccoli sfollati, privi di una casa cui tornare, sono ancora più vulnerabili. «Senza documenti non sanno come provare età e origine. Le ragazzine sono esposte ad abusi sessuali e nozze precoci, i ragazzini rischiano i tribunali per adulti. Tutti corrono il pericolo di ritrovarsi apolidi», avverte Herman Boena, in prima linea a Ouagadougou nel progetto Bravo, campagna sulla registrazione anagrafica iniziata da Sant'Egidio nel 2009 per sensibilizzare istituzioni e popolazione sull`importanza dell'atto di nascita in un Paese dove i due terzi dei nuovi nati non veniva registrato.

Non un pezzo di carta ma «un diritto ad avere diritti», per dirla con Hannah Arendt. Il diritto a terminare le scuole elementari, a un lavoro regolare, a votare, ad accedere al microcredito... Se non si è contati non si conta, per riprendere Nascere non basta, testo di bilancio della campagna. «Vorremmo aiutare anche gli sfollati a uscire dall'anonimato ma abbiamo le mani legate: la legge consente di registrare le persone solo nel comune di nascita», spiega Colette Guiebre, responsabile di Bravo in Burkina Faso. «Col precedente governo avevamo fatto pressing per cambiare, la legge stava per essere discussa in Parlamento, poi il golpe. Dobbiamo ricominciare da capo».
 


[ Alessandra Muglia ]